Il governo italiano sta cercando di impostare una nuova strategia per gestire l’arrivo di migranti, dopo recenti decisioni giudiziarie che hanno reso necessaria una revisione delle politiche. La discussione si concentra sulle modalità di ripresa dei trasferimenti di stranieri, evitando il loro sbarco in Sicilia. La Cassazione ha sottolineato che la lista dei “Paesi sicuri” deve essere stabilita dall’esecutivo, ma ha anche ammesso che in casi particolari i magistrati possono non applicare il decreto.
Negli ultimi giorni, il clima politico è stato influenzato dalla sentenza del tribunale di Palermo, che ha assolto Matteo Salvini dall’accusa di sequestro di persona relativa al caso Open Arms. La decisione ha avuto implicazioni sulla strategia del governo, che sta ora tracciando una linea chiara: gli individui che provengono da Paesi considerati sicuri non saranno fatti sbarcare, a meno che non ci siano specifici rischi di rimpatrio.
In Albania, presso l’hotspot di Shengjin e il centro di detenzione a Gjader, rimane attivo solo un presidio di poliziotti italiani. L’iniziativa di trasferimento in Albania non ha avuto l’effetto deterrente previsto, dopo che i migranti trasferiti sono stati riportati in Italia a seguito di ordini giudiziari.
Il governo sta considerando l’emanazione di una circolare per le unità navali nel Mediterraneo, per poter verificare a bordo le condizioni dei migranti adulti e stabilire già in mare chi abbia o meno diritto a rimanere. Questo passaggio è cruciale anche in vista del Patto europeo sulla migrazione e l’asilo, che entrerà in vigore dal 2026 e prevede la costituzione di centri migranti in Paesi esterni all’UE.
In attesa del verdetto della Corte di giustizia, previsto per febbraio, che si pronuncerà sulla legittimità dei trasferimenti in un Paese terzo, il governo intende riavviare al più presto le operazioni in Albania, per evitare ulteriori costi di gestione. Tuttavia, le polemiche non mancano, in particolare dopo le dichiarazioni di alcuni agenti di polizia, che avevano commentato di essere “in vacanza a spese dello Stato”.