Nella regione di Al Bath, ultime vestigia della Siria prima di giungere alla vecchia zona smilitarizzata di Quneitra, le tracce lasciate dai cingoli dei carri armati sull’asfalto fresco testimoniano un’avanzata militare recente. I marciapiedi e le aiuole fiorite sono stati devastati, mentre i pali della luce sono stati abbattuti e trasformati in impromptu barricate. Ad oggi, i militari israeliani sembrano esercitare un controllo arbitrario, violando i confini del cessate il fuoco mediati dall’Onu dopo lo scontro del 1973 conosciuto come Guerra del Kippur.
Gli abitanti riferiscono che i soldati israeliani attraversano il territorio a loro piacimento, rilanciando avvertimenti tramite altoparlanti riguardo l’uso delle armi contro qualsivoglia tentativo di violare i blocchi stradali. Le incursioni hanno portato alla creazione di una “zona di occupazione” indipendente, dove i coltivatori locali vedono i loro campi interdetti e le comunità sono state isolate.
L’autorità militare siriana sembra al momento incapace di affrontare o contenere le decisioni israeliane, mentre Yahia Rahal, il mukhtar locale, accusa che Israele stia approfittando del vuoto di potere successivo alla caduta del regime di Bashar al-Assad. Rahal osserva che, nonostante l’assenza di provocazioni siriane, l’offensiva israeliana è stata unilaterale e immotivata. Durante uno dei suoi rari incontri con le forze israeliane, Sel lui stesso è stato interrogato riguardo alla presenza di forze iraniane o di Hezbollah, a cui ha confermato l’assenza di tali elementi nel suo villaggio.
L’area, ora priva di una significativa resistenza militare siriana, è sorvolata frequentemente da droni israeliani, fatto ormai comune per i residenti di una regione contesa sin dal 1967, quando il Golan fu sottratto al controllo siriano. Con basi militari abbandonate e mezzi ormai smontati, i soldati israeliani potrebbero, ipoteticamente, avanzare verso Damasco senza incontrare una resistenza significativa.
Mentre l’Onu chiede il ritiro immediato delle truppe israeliane, il nuovo governo siriano si presenta meno deciso. Il premier, Abu Mohammad al Jolani, deprecando l’aggressività israeliana, sembra preferire una via diplomatica al confronto, concentrando le energie del Paese sulla necessaria ricostruzione post-bellica.
Nonostante siano passate due settimane dall’inizio dell’ultima occupazione, molti civili locali sono già tornati alle loro case, non accontentandosi delle misure preventive adottate da Netanyahu. La tensione è palese, ma al momento le parti interessate sembrano tentare di evitare un conflitto aperto.