Gianfranco Fini, ex leader del Movimento Sociale Italiano (Msi) e di Alleanza Nazionale (An), oltre che fondatore del Popolo della Libertà (Pdl), ha recentemente condiviso una riflessione con “Il Foglio” sull’evoluzione del centrodestra italiano. Durante l’intervista, Fini si è soffermato sul passaggio della leadership politica da Silvio Berlusconi a Giorgia Meloni, attuale premier.
Berlusconi, descritto come un impresario e un comandante, aveva un’idea di politica che secondo Fini si basava principalmente sul comando, paragonabile a quello militare o industriale. Questa visione era destinata a creare disaccordi, portando Fini a rivalutare la decisione di fondare un partito unico, il Pdl, assieme a Berlusconi nel 2009. Gli anni successivi furono caratterizzati da tensioni interne al centrodestra, culminate nell’espulsione di Fini dal Pdl nel 2010, dopo una serie di scontri con Berlusconi e una campagna mediatica contro Fini e la sua famiglia.
Nonostante i conflitti passati, Fini riconosce le capacità politiche di Berlusconi, definendolo un uomo con intuizioni rivoluzionarie, ma critica la sua mancanza di un forte senso delle istituzioni. Fini guarda ora a Giorgia Meloni, elogiandola per la sua dedizione alla politica e la sua capacità di navigare con competenza lungo le complesse dinamiche politiche. Sebbene eviti di dispensare consigli a Meloni, riconosce in lei una leader che ha percorso il cammino tradizionale della gavetta politica.
In merito a Matteo Salvini, Fini sottolinea la sua abilità nel cogliere il sentimento del momento politico, sebbene non abbia avuto molte interazioni con lui. Ricorda un incontro televisivo dove si scontrarono, facendo notare sarcasticamente il passato di Salvini come capo dei “comunisti padani”.
Questi ricordi e riflessioni di Gianfranco Fini mettono in evidenza le sfide e i cambiamenti che hanno segnato la storia recente del centrodestra italiano, offrendo uno sguardo critico ma riconoscente verso ciò che è stato e verso ciò che potrebbe ancora essere.