Guido Olimpio riferisce di una fuga rocambolesca dai contorni incerti avvenuta in Siria. Bashar al-Assad, il presidente deposto, è fuggito improvvisamente lasciando dietro di sé un paese in tumulto e una ristretta cerchia di collaboratori e familiari. Si dice che abbia abbandonato Damasco come un ladro nella notte, partendo su un aereo russo da Hmeimin in direzione Mosca insieme a membri della sua famiglia e ad alcuni fedelissimi del regime. Tra questi, vi erano Mansour Azzam, incaricato degli affari presidenziali, Yassar Ibrahim, consigliere economico noto come “il cassiere”, e il generale Mohsen Mohammad. Invece, il generale Fayez Jumaa, che si occupava della scorta del dittatore, sarebbe stato lasciato a terra.
La salute della moglie di Bashar, Asma, è fragile a causa della sua lotta contro la leucemia. Nel frattempo, suo fratello Maher Assad, comandante della IV Divisione, dopo aver inizialmente sperato di resistere, ha capito troppo tardi che tutto era perduto. Si sarebbe rifugiato in Iraq per poi trasferirsi dopo alcuni giorni in Russia, sebbene altre voci lo collochino negli Emirati Arabi Uniti.
Non è chiara la destinazione finale della moglie di Maher, Manal, e dei loro figli, che avrebbero attraversato il confine con il Libano per dirigersi verso una località sconosciuta. Alcuni sostengono che siano in Iraq e che Manal abbia accusato Bashar di averli abbandonati. Anche la sorella di Bashar, Bushra, sarebbe rimasta sola con i suoi figli adolescenti. Il suo defunto marito, Assef Shawkat, era un pezzo grosso all’interno del regime, eliminato in un misterioso attentato nel 2012. La morte sarebbe legata alle sue ambizioni politiche o alla paura che incuteva.
Il capo dell’intelligence siriana, Ali Mamlouk, potrebbe aver trovato rifugio a Mosca, dove potrebbe essere giunto attraverso un percorso attraverso l’Iraq, anche se alcuni sostengono che si trovi nell’ambasciata russa a Damasco. Anche la sua famiglia avrebbe utilizzato il Libano come via di fuga.
Buthaina Shaaban, consigliere mediatico di Assad, ben noto ai giornalisti occidentali, avrebbe raggiunto Beirut prima di partire per Abu Dhabi. Si narra che fosse stata convocata per discutere di un discorso del presidente, ma una volta giunta a destinazione, avrebbe trovato il palazzo presidenziale vuoto.
Altri membri della classe dirigente siriana avrebbero cercato scampo in Libano, mentre altre figure del regime si sarebbero spostate verso destinazioni ignote, alcune addirittura sotto la protezione di comandi militari stranieri. Tra questi, Alì Abbas, il ministro della Difesa, e figure dell’intelligence siriana sarebbero rifugiati a Bengasi, in Libia, sotto la protezione del generale Khalifa Haftar.
In questo contesto frammentato di fughe e rifugi in vari paesi, il Libano risulta essere un crocevia di passaggio per molti membri del regime siriano. Tuttavia, il destino del regime e della sua diaspora rimane incerto e disperso.