Nel corso del 2024, la Germania ha visto un significativo incremento nelle importazioni di uranio dalla Russia, raggiungendo almeno 68,6 tonnellate. Questo rappresenta un aumento di quasi il 70% rispetto all’anno precedente. La rivista Spiegel ha riportato queste informazioni basandosi sui dati forniti dal Ministero dell’Ambiente della Bassa Sassonia. L’uranio, destinato alla produzione di elementi combustibili, ha avuto come destinazione finale la fabbrica Advanced Nuclear Fuels (ANF) situata a Lingen.
Ciò è avvenuto in un contesto di conflitto aperto in Ucraina, ma senza restrizioni imposte dall’Unione Europea, dato che non esiste alcun embargo sulle importazioni o esportazioni di combustibili nucleari per usi pacifici dalla Russia. Il Ministero dell’Ambiente tedesco ha confermato la validità dei dati riguardanti queste importazioni.
La notizia ha destato preoccupazione in quanto ANF è una controllata della società francese Framatome, la quale sta cercando di stringere una collaborazione con la russa Rosatom. Critiche sono sorte riguardo al fatto che gli acquisti di uranio russo possano indirettamente finanziare la guerra di aggressione in Ucraina condotta da Putin.
Parallelamente, i prezzi dell’uranio hanno visto un’impennata a causa dell’aumento della domanda di energia nucleare ed emissioni ridotte. A gennaio 2024, il costo del metallo radioattivo ha superato i 100 dollari per libbra, il livello più alto dal 2008, per poi assestarsi a 73 dollari, comunque ben al di sopra della media dell’ultimo decennio.
Contemporaneamente, il Canada si è mosso per potenziare la sua produzione di uranio con l’intento di diventare il maggiore produttore mondiale. Cameco, il più grande estrattore canadese, ha annunciato un aumento produttivo di quasi un terzo nel 2024 dalle sue miniere nel Saskatchewan settentrionale, raggiungendo 37 milioni di libbre.
Fonti del settore, come il Financial Times, hanno evidenziato che nuove espansioni nella produzione canadese potrebbero condurre a un raddoppio della capacità entro il 2035. Il ministro dell’Energia canadese Jonathan Wilkinson ha confermato che gli investimenti nel settore dell’uranio del Paese sono ai massimi storici da due decenni, con una significativa crescita degli investimenti per le esplorazioni e valutazioni dei giacimenti.
Circa l’80% della produzione canadese di uranio viene esportata, garantendo al paese un ruolo di primo piano nel mercato globale. Tuttavia, la sfida con il Kazakistan, attualmente il principale produttore mondiale, resta aperta. Kazatomprom, la società statale kazaka, ha conquistato il vertice nel mercato dopo il calo dei prezzi avvenuto post-disastro di Fukushima, mentre il Canada mira a riconquistare il primato spinto dalla crescente domanda globale.
In un contesto in cui l’energia nucleare diviene sempre più centrale nelle strategie energetiche globali, con molteplici nazioni impegnate a triplicarne l’uso entro il 2050 per mitigare il cambiamento climatico, il Canada si prepara a rafforzare il suo ruolo leader nel mercato dell’uranio.
Come è possibile che non ci siano restrizioni sulle importazioni di uranio dalla Russia in un periodo di conflitto? Questo mi sembra molto contraddittorio…
Le dinamiche delle importazioni di uranio possono sembrare contraddittorie, ma spesso si basano su accordi internazionali stabiliti prima del conflitto e su considerazioni strategiche per garantire l’approvvigionamento energetico. In passato, è stata data priorità alla stabilità delle forniture energetiche, e i contratti potrebbero essere difficili da interrompere immediatamente senza conseguenze significative. Inoltre, le sanzioni e le restrizioni commerciali variano a seconda del contesto politico ed economico, e in alcuni casi certe importazioni potrebbero essere esentate per ragioni pratiche o diplomatiche.
Le tue osservazioni sono molto pertinenti. Le considerazioni strategiche e gli accordi preesistenti giocano un ruolo cruciale nella gestione delle importazioni di uranio, specialmente in periodi di tensione internazionale. La complessità delle sanzioni e delle restrizioni commerciali, così come la necessità di garantire la sicurezza energetica, richiedono spesso compromessi che possono sembrare contraddittori a prima vista, ma che sono fondamentali per mantenere l’equilibrio energetico e politico.