Kiran Maccalli, una figura nota per la sua partecipazione al Grande Fratello 2011, si trova nuovamente al centro di un complesso caso giudiziario. Maccalli è stato condannato a sei anni e sei mesi di reclusione per estorsione, lesioni e stalking nei confronti di un uomo che lo ospitò nella sua abitazione nella Bassa Bergamasca. Il pubblico ministero aveva richiesto una pena più severa di un anno. Questo episodio rappresenta l’ultimo capitolo di una serie di guai legati a una vita segnata dall’abuso di alcol e droga.

Adottato da una famiglia di Romano di Lombardia, Maccalli è rimasto coinvolto in vari problemi legali, tra cui il tentato abuso su una ex fidanzata e l’estorsione ai danni dei genitori, per i quali deve ancora scontare tre anni di carcere. In tribunale, l’uomo ha narrato di aver avuto un’agenzia per hostess, ma le sue difficoltà prevalsero, portandolo in un percorso discendente dal 2015 al 2019, con una pausa durante un periodo di detenzione nel 2017.

Maccalli ha raccontato che l’uomo coinvolto era un suo amico, con cui condivideva momenti al bar tra bevute e gioco d’azzardo. Messo alle strette dalle condizioni imposte dalla madre per il suo ritorno a casa, si rivolse a questo amico per ospitalità. Secondo Maccalli, l’accordo prevedeva inizialmente che lui allontanasse persone indesiderate dalla casa dell’amico, in seguito estendendosi a uno scambio basato anche su favori sessuali.

L’accusato ha negato di aver mai minacciato l’uomo, affermando di aver contribuito nel gestire le spese domestiche quando lavorava. L’unica violenza ammessa è stata un calcio. Tuttavia, per la pubblica accusa, rappresentata dalla pm Letizia Aloisio, le dichiarazioni di Maccalli non sono credibili, mentre sono state considerate attendibili quelle della vittima, descritta come fragile e profondamente legata all’imputato a tal punto da ritirare la querela.

La difesa, curata dall’avvocato Umberto Tropea, ha sottolineato gli scarsi momenti di lucidità di Maccalli dovuti alla sua difficile esistenza sotto l’influenza della droga. Tropea chiede l’assoluzione del suo cliente per la maggior parte delle accuse, ad eccezione dell’episodio di violenza ammesso. “Gli davo i soldi perché lo consideravo un figlio” è quanto riferito dalla vittima, esprimendo un legame che ha complicato ulteriormente l’intera vicenda.

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