Il dittatore guarda dritto in camera, scrutando gli spettatori con uno sguardo che penetra la quarta parete. Questa è la proposta audace della serie “M”, attualmente trasmessa su Sky, in cui Luca Marinelli veste i panni di Benito Mussolini. La serie si propone di trasformare gli spettatori in complici, almeno inizialmente, come spiega uno degli sceneggiatori, Davide Serino: l’intento era creare un’intimità che coinvolgesse e magari diverte, prima di colpire con un brusco spostamento verso la brutalità storica del fascismo.

Questo approccio trae ispirazione da opere passate che hanno cercato di umanizzare figure storiche controverse, come il film “La Caduta” su Adolf Hitler. La nuova produzione, tuttavia, percorre una via diversa ponendo lo spettatore in una posizione scomoda e di complicità forzata, simile al meccanismo narrativo di serie come “House of Cards”. Mussolini, inizialmente ritratto in modo respingente ma anche affascinante, vede uno sviluppo che riflette il suo percorso storico, costringendo il pubblico a riflettere sul proprio giudizio e su eventuali simpatie inaspettate.

La reazione alla serie è stata discussa anche da Antonio Scurati, l’autore del romanzo omonimo su cui si basa la sceneggiatura. Nonostante le iniziali riserve espresse da Scurati, alla fine l’autore ha accolto con entusiasmo l’adattamento televisivo. “M” si inserisce così nel dibattito culturale su come rappresentare Mussolini, esplorando temi di italianità e caratteristiche nazionali portate all’estremo, come l’opportunismo e il maschilismo.

Il regista inglese Joe Wright ha dato alla serie un taglio innovativo, facendo di “M” un prodotto espressionista, infondendo un’evidente modernità attraverso elementi visivi come i led wall e una colonna sonora martellante a cura di Tom Rowlands dei Chemical Brothers. Wright vede Mussolini non solo come un personaggio storico, ma come un archetipo eterno della pulsione umana verso il potere forte, rendendo così la serie un racconto universale più che un ritratto politico o ideologico.

L’opera non si ferma a una pura analisi storica, ma introduce elementi contemporanei che creano paralleli con figure moderne, come il riferimento al “Make Italy great again”, evocativo di Donald Trump. Gli autori di “M” hanno optato per un tocco postmoderno, evitando di tracciare una semplice linea ideologica e aprendo a un dialogo più ampio sull’eredità di Mussolini e del fascismo. Con una narrazione che non rinuncia a elementi stranianti e un impatto visivo potente, “M” si pone come possibile candidata al titolo di miglior serie italiana, grazie al suo approccio innovativo e alla regia ambiziosa di Wright.

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