essere più adatto a un altro tipo di contesto. La partecipazione di Lazza a “Zelig” lascia molti interrogativi sulla sua effettiva necessità, soprattutto considerando l’atmosfera comica dello spettacolo che mal si adatta alla sua figura di trapper. Questa apparizione sembra così un espediente per suscitare curiosità, ma alla fine si rivela sorda e priva di senso, un “dispettuccio” apparentemente indirizzato a una concorrenza mediaticamente più affine al suo stile musicale.
Complessivamente, la prima puntata dell’edizione attuale di “Zelig”, programma storico che ha consacrato diverse stelle della comicità, si dimostra un collage di momenti rifritti e di aspirazioni comiche non completamente riuscite. La conduzione di Claudio Bisio e Vanessa Incontrada appare stanca e priva di quell’energia che li aveva resi iconici. Riproporre vecchie dinamiche e sketch appartenenti ad epoche passate, rischia di non cogliere affatto l’interesse di un pubblico ormai diverso e sempre più esigente.
Un plauso va invece a The Pax Side of the Moon, un’orchestra che è riuscita a distinguersi con la sua capacità di intrattenere e animare una serata che diversamente si sarebbe trascinata stancamente. La loro presenza dà speranza che restino una ventata di freschezza in un contesto che necessita di un serio ammodernamento.
In questo mare di ripetizioni e convenzioni trite, degna di nota è la performance di Max Angioni che, nel modificare il proprio approccio, ha finalmente iniziato a convincere. Decidendo di smettere di urlare, riesce a trasformarsi in una presenza comica più solida e piacevole. Sebbene tardi, tale cambio di registro rappresenta un passo avanti per un artista che ha sofferto la ricerca di un’identità all’interno del programma.
La nuova edizione di “Zelig” lascia dunque una strana sensazione: una giostra comica che funziona solo in parte, appesantita dalla nostalgia del passato e da soluzioni discutibili, ma, al contempo, lasciando intravedere potenzialità grazie a elementi nuovi e miglioramenti evidenti di vecchi protagonisti. Un bilancio altalenante che invita a una riflessione sulla direzione futura di uno show che, nonostante tutto, ha segnato la cultura televisiva italiana.