Nell’Italia degli anni ’80, le regole per il pensionamento anticipato permisero la nascita di un fenomeno noto come “baby pensioni”. In quel periodo, infatti, una porzione specifica di lavoratori, specialmente nel settore pubblico, poteva accedere alla pensione con soli 14 anni, sei mesi e un giorno di contributi lavorativi, a patto di essere donne sposate e con figli. Questo sistema generoso ha portato oggi alla presenza nel Paese di quasi 400 mila persone che ricevono una pensione da oltre quattro decadi.
Il fenomeno delle baby pensioni risulta oggi particolarmente gravoso per le casse dello Stato, con un costo annuo che si aggira intorno ai 9 miliardi di euro. A rilevare tali dati è il rapporto elaborato da Alberto Brambilla nel bilancio del sistema previdenziale. Le persone interessate, infatti, hanno iniziato a percepire il loro assegno pensionistico a un’età media di 36,4 anni per gli uomini e 39,5 anni per le donne, un dato che pone una seria questione di equità all’interno del sistema previdenziale.
Le riforme previdenziali attuate nel corso degli anni hanno portato progressivamente a un irrigidimento dei criteri per l’accesso alla pensione, spostando l’età media di pensionamento ben oltre i 60 anni. Si pensi che nel 2023, l’età media per il pensionamento per vecchiaia era di 67,5 anni, mentre per le pensioni anticipate scendeva a 61,5 anni. Tale contrasto tra passato e presente solleva interrogativi sulla sostenibilità e giustizia del sistema.
La disparità tra le generazioni è diventata una polveriera sociale, con costi pressanti che gravano sui bilanci pubblici. Alcuni beneficiari ricevono da decenni pensioni senza aver contribuito a lungo al sistema, mentre le giovani generazioni si vedranno probabilmente costrette a lavorare per periodi molto più estesi prima di poter accedere alla quiescenza. Alberto Brambilla suggerisce, a tal proposito, l’introduzione di misure correttive, come stabilizzatori automatici dell’età pensionabile legati all’aspettativa di vita, blocchi dell’anzianità contributiva e l’istituzione di incentivi per coloro che scelgono di lavorare fino ai 71 anni.
Nonostante le sfide e i cambiamenti necessari, il sistema previdenziale italiano dimostra, secondo alcuni esperti, di avere ancora una certa resilienza. Tuttavia, l’importanza di monitorare e valutare con attenzione le riforme future rimane cruciale per assicurare che il sistema possa continuare a fornire un sostegno adeguato in un contesto economico e sociale in continua evoluzione.