Si è a lungo ritenuto che il presidente americano rieletto avrebbe concesso carta bianca alla destra israeliana. Tuttavia, l’accordo su Gaza sembra indicare la volontà di una reale inversione di rotta: uno scenario di pace tra Israele e Arabia Saudita che contempli uno Stato palestinese e la stabilità della regione. Questo segnerebbe un traguardo storico, finora inimmaginabile, per l’amministrazione americana.
La conversazione riportata da Bob Woodward nel suo libro “War” tra Antony Blinken, segretario di Stato di Joe Biden, e Mohammed bin Salman, principe ereditario saudita, risale al periodo successivo agli attacchi di Hamas contro gli insediamenti israeliani del 7 ottobre 2023. La discussione è di cruciale importanza poiché, con Trump in procinto di un nuovo mandato presidenziale e una tregua a Gaza in via di realizzazione, il ruolo dell’Arabia Saudita emerge come decisivo, potenzialmente favorendo una storica mossa americana in Medio Oriente: una pace duratura che sancisca uno Stato palestinese e garantisca sicurezza a Israele.
Una questione fondamentale è l’effettivo interesse saudita per la creazione di uno Stato palestinese. Già il padre di Bin Salman aveva tentato di perseguire questa via dopo l’11 settembre, ma l’attuale erede non sembra un fervente sostenitore della causa. Al tempo dell’incontro con Blinken, MbS ha rivelato che la sua preoccupazione è principalmente legata all’opinione pubblica giovanile e agli altri paesi arabi e musulmani coinvolti nella questione.
Netanyahu, da parte sua, ha cercato di temporeggiare con l’amministrazione Biden, evitando l’accettazione di un piano di pace più ampio che, a partire da una tregua con Hamas, si sarebbe concluso con una ricostruzione di Gaza, il riconoscimento reciproco tra Riad e Tel Aviv e uno Stato palestinese. La speranza era che, con il ritorno di Trump alla presidenza, Israele potesse raggiungere un accenno formale alla soluzione dei due Stati senza compromettere la propria sicurezza.
Tuttavia, il ritorno di Trump potrebbe aver sfumato tali aspettative. I sauditi restano fermi nella richiesta di legare la normalizzazione con Israele alla nascita della Palestina. Inoltre, il nuovo inquilino della Casa Bianca sembra meno incline a sostenere Netanyahu incondizionatamente. In questo contesto, alcuni osservatori ipotizzano un desiderio di Trump di lasciare un’impronta positiva nella storia, magari attraverso un accordo di pace in Medio Oriente riconosciuto globalmente, come un Nobel per la Pace.
Un fattore interessante è il ruolo di Steven Witkoff, l’inviato personale di Trump per il Medio Oriente. Nonostante la sua indole da imprenditore, Witkoff sembra essere riuscito a esercitare una pressione significativa su Netanyahu per accettare termini che aveva precedentemente respinto. Inoltre, l’interesse di Trump per porre fine alle cosiddette “guerre infinite” potrebbe riportare alla ribalta un’azione diplomatica, anche senza rinunciare ai negoziati con nemici storici se si rivelassero vantaggiosi per gli Stati Uniti.
In definitiva, l’evoluzione degli eventi potrebbe portare a una riapertura del processo di pace, con la Palestina al centro di un accordo storico in grado di ridefinire gli equilibri del Medio Oriente.