Nella notte tra sabato 18 e domenica 19 gennaio, TikTok ha sospeso l’accesso ai propri utenti negli Stati Uniti, in quanto un divieto nazionale sulla popolare app di proprietà cinese era pronto a entrare in vigore. Gli utenti che tentavano di accedere alla piattaforma sono stati accolti da un messaggio che informava del divieto legale enunciato negli Stati Uniti. Tuttavia, si prospetta un possibile rinvio di tale blocco, poiché il presidente Trump, in procinto di insediarsi lunedì, ha manifestato l’intenzione di firmare un ordine esecutivo per estendere di 90 giorni la messa al bando.
Tale proroga è prevista da una legge del Congresso, recentemente confermata dalla Corte Suprema, che vieta TikTok nel caso in cui la proprietà dell’app rimanga sotto controllo cinese. Sebbene il provvedimento ponga un vincolo sulla continuità dell’app, la situazione è ancora lontana da una risoluzione chiara, in quanto TikTok ha respinto l’idea di una vendita dell’azienda.
Trump ha espresso alla NBC di considerare l’opzione di sfruttare la clausola che consente la dilazione del blocco di tre mesi. Ha comunque sottolineato la necessità di un’attenta valutazione, annunciando di poter comunicare la decisione relativa all’eventuale rinvio nella giornata di lunedì, in prossimità dell’inizio effettivo del suo mandato presidenziale.
Fino a poche ore fa, regnava l’incertezza sul proseguimento degli eventi. Joe Biden, presidente uscente, aveva indicato che non avrebbe preso decisioni riguardo alla legge nelle ultime ore del suo mandato, delegando il compito al suo successore. Tuttavia, è stata TikTok a prendere l’iniziativa, decidendo di interrompere il servizio per 170 milioni di utenti, in assenza di un atto giuridicamente vincolante che fermasse l’implementazione della legge.
Questo vincolo ha implicazioni anche per le società statunitensi che gestiscono TikTok attraverso i propri store, come Apple e Google-Alphabet, nonché per Oracle, fornitrice dei server dell’app. Secondo TikTok, queste aziende rischiano multe considerevoli in base alle normative approvate ad aprile, se non agiranno di conseguenza, anche se nessuna di esse ha ancora chiarito la propria posizione.
La Casa Bianca ha reagito all’accaduto definendo l’ultimatum di TikTok un tentativo di forzare un riconoscimento legale. Le rassicurazioni fornite dalla Casa Bianca avrebbero dovuto essere sufficienti, secondo le dichiarazioni ufficiali, ma TikTok non le ha ritenute tali. A complicare la situazione sono anche gli stessi repubblicani che, pur condividendo il partito con Trump, non vogliono lasciar campo libero alla Cina. Tra i più critici vi è il senatore Tom Cotton, presidente della Commissione Intelligence, il quale descrive TikTok come un mezzo di spionaggio della Cina comunista e un veicolo di propaganda marxista.
Infine, mentre Trump, un tempo deciso a vietare l’app, sembra ora cercare una via per salvarla, è influenzato da figure economiche di rilievo come Jeff Yass, investitore di ByteDance. Tale intreccio di interessi economici e politici ha trasformato l’impegno di Trump in una controversa difesa dell’app, in aperto contrasto con il consenso bipartisan del Congresso che, ad aprile, era unanime nel votare per il divieto.
L’amministratore delegato di TikTok, Shou Zi Chew, ha ringraziato Trump per il suo sostegno, ma ha criticato quello che considera un attacco al Primo emendamento della Costituzione da parte della Corte Suprema e del Congresso. In questo contesto di tensione e interessi divergenti, l’evolversi degli eventi rimane incerto, mentre si continua a cercare una soluzione che bilanci gli interessi nazionali con quelli economici a livello globale.