Donald Trump si trova di fronte a una complessa situazione che potrebbe ostacolare il suo desiderio di interrompere definitivamente i rapporti con l’Ucraina e di evitare un coinvolgimento più profondo nel conflitto con la Russia di Vladimir Putin. Steve Bannon, suo ex stratega, ha lanciato un allarme in un’intervista con POLITICO, avanzando un parallelo con l’esperienza di Richard Nixon nel tentativo di uscire dalla guerra del Vietnam. Bannon, noto conduttore del popolare podcast “War Room”, si prepara a un intenso confronto politico riguardo all’intervento statunitense in Ucraina e sostiene la necessità di interrompere l’assistenza militare a Kyiv. Esprime, tuttavia, la preoccupazione che Trump possa restare intrappolato da una sorprendente alleanza tra l’industria della difesa degli Stati Uniti, gli europei e alcuni amici fidati, tra cui Keith Kellogg.
Kellogg, ex generale dell’esercito e rappresentante speciale di Trump in Ucraina e Russia, sostiene che la conclusione della guerra debba essere condizionata da garanzie di sicurezza solide per l’Ucraina, per prevenire nuove invasioni da parte della Russia. Bannon, nonostante il rapporto di amicizia con Kellogg, teme che tali approcci possano spingere ancor più gli Stati Uniti in un conflitto dall’esito incerto e non strategicamente vantaggioso per gli interessi nazionali americani. Per questo, sta esercitando pressioni affinché Trump dichiari la fine rapida della guerra nel suo discorso d’inaugurazione.
Nel podcast e nei suoi interventi pubblici, Bannon sta conducendo una campagna affinché il nuovo presidente zelante prema su Volodomyr Zelenskyy per chiudere rapidamente un accordo, così come Trump aveva fatto con il Primo Ministro israeliano Netanyahu per un cessate-il-fuoco con Hamas, trascurando le preoccupazioni europee. Bannon appare determinato, rigenerato dalla vittoria elettorale di Trump e fermamente impegnato a promuovere un’America riformata seguendo i principi di “Make America Great Again” (MAGA).
Durante l’intervista a Capitol Hill, Bannon ha sottolineato la mancanza di preparazione sia degli europei che degli avversari interni di Trump a comprendere l’importanza del suo secondo mandato. Ha anticipato l’arrivo di “giorni di tuono” durante i quali saranno annunciati numerosi ordini esecutivi, compresi quelli su immigrazione e politiche energetiche. Bannon ha anche stabilito un parallelo tra il 2025 e il 1932, quando Franklin D. Roosevelt lanciò il New Deal. Ha chiarito che la coalizione di Trump è ora più ampia e profonda rispetto al 2016, ma ha anche avvertito dei potenziali rischi rappresentati dai nuovi alleati della Silicon Valley, come Elon Musk.
Critico della NATO, Bannon considera l’organizzazione poco efficace e vede nella questione della difesa europea un punto di debolezza. Nonostante queste critiche, Bannon distingue categoricamente le sue posizioni rispetto a quelle di Putin, considerato un avversario pericoloso, benché non una minaccia prioritaria per gli americani, dato l’apparente disinteresse europeo.
La Groenlandia e il Canale di Panama vengono messi al centro delle sue considerazioni strategiche, evidenziando l’interesse per garantire la sicurezza degli Stati Uniti attraverso il controllo di aree geografiche strategiche. Bannon critica anche la leadership europea, in particolare Boris Johnson, per il loro approccio alla guerra in Ucraina, descritta come un errore colossale.
L’influenza di Bannon su Trump rimane incerta, anche se in passato le relazioni tra i due si sono intensificate e allentate a più riprese. Nonostante alcune divisioni e critiche, Bannon continua a essere una voce influente all’interno del movimento pro-Trump, mantenendo un forte seguito tra i sostenitori di MAGA e un certo impatto sui processi decisionali. L’influenza di Bannon è dimostrata dalla sua capacità di motivare la base MAGA, come accaduto durante le nomine politiche e nei media conservatori, dove continua a essere una figura di riferimento.