Nell’aula bunker di Rebibbia si svolge una fase cruciale del processo per il rapimento, le torture e l’assassinio di Giulio Regeni, il dottorando italiano rapito e ucciso in Egitto nel 2016. Paola Deffendi, madre di Giulio, è chiamata a testimoniare contro quattro imputati egiziani, tutti agenti del governo accusati del crimine.

Paola Deffendi ricorda con dolore la telefonata dal Cairo che annunciava la morte di Giulio. La comunicazione giunge alla figlia Irene mentre si trovano nell’appartamento di quest’ultima. Manifestando la sua frustrazione per i dubbi mai chiariti sul coinvolgimento del coinquilino di Giulio, Deffendi racconta come questi, dopo aver dato loro il mesto annuncio, offrì un tè che a distanza di tempo percepisce ancora sullo stomaco.

La madre di Giulio descrive il susseguirsi di eventi a partire dalla partenza per l’ambasciata italiana al Cairo, dove si affrettano dopo aver appreso delle torture subite dal figlio. Nonostante il dolore, Deffendi mantiene la lucidità necessaria per descrivere tutti i dettagli, anche quelli apparentemente insignificanti, come il ricordo di non aver preso le cose del bagno di Giulio al momento della partenza.

Il racconto prosegue con l’arrivo alla procura del Cairo e la constatazione che l’ambasciata desiderava recuperare il corpo di Giulio quanto prima. Nonostante la volontà di vedere il figlio, l’ambasciatore dissuade la famiglia a farlo. Infine, nell’ospedale italiano riescono ad accarezzare ciò che resta di Giulio e chiedono di vedere almeno i piedi per essere certi che si tratti proprio di lui.

Deffendi condivide l’impatto devastante del momento in cui si rende conto della brutalità inflitta a Giulio attraverso il riconoscimento di un profilo che, sebbene familiare, tradiva alterazioni bestiali. La rivelazione di una suora, che definisce Giulio un martire, conferma l’atrocità delle torture subite.

In aggiunta, una lettera recapitata da alcune mamme egiziane sottolinea come Paola sia stata “fortunata” a poter rivedere il figlio, sebbene in circostanze tragiche. La madre di Giulio tiene anche a smentire illazioni giornalistiche che insinuavano un possibile ruolo di Regeni come cronista per il quotidiano Il Manifesto, definendole prive di fondamento e responsabili di successive strumentalizzazioni.

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