I generali israeliani hanno battezzato l’operazione «muro di ferro», un nome che richiama sia la recente guerra sospesa nell’area di Gaza – denominata Spade di Ferro – sia il conflitto avvenuto 23 anni prima in Cisgiordania, noto come Scudo/Muro in ebraico. Come accaduto nel 2002, le forze armate israeliane hanno effettuato un imponente ingresso nei territori palestinesi. All’epoca, l’operazione era stata disposta dal primo ministro Ariel Sharon, con l’intento di interrompere gli attacchi kamikaze che colpivano le città israeliane, rappresentando l’intervento militare più significativo in Cisgiordania dai tempi della Guerra dei Sei Giorni.
L’incursione nei territori sotto l’Autorità palestinese si inserisce tra gli obiettivi del conflitto che negli ultimi quasi 16 mesi ha interessato più fronti. Durante la notte fra sabato e domenica, il consiglio dei ministri ha deliberato l’intesa per il cessate il fuoco con Hamas, tuttavia questa fragile tregua è ora minacciata dall’appello di Hamas per una «mobilitazione generale» contro le truppe israeliane.
Sebbene appare improbabile che il nuovo scontro possa definitivamente compromettere l’accordo sui prigionieri e il cessate il fuoco nella Striscia di Gaza, certamente lo mette a rischio. La situazione potrebbe deteriorarsi ulteriormente se i prigionieri rilasciati domenica dovessero essere nuovamente arrestati, un’azione che i gruppi fondamentalisti potrebbero percepire come una violazione degli accordi. Allo stesso modo, ulteriori attentati in Israele rivendicati dai jihadisti o il lancio di razzi a supporto dei combattenti in Cisgiordania potrebbero aggravare le tensioni.
I diplomatici internazionali hanno già messo in guardia sui pericoli del complesso e frammentato meccanismo delineato nella fase iniziale dell’accordo, il quale potrebbe essere soggetto a «incidenti». Persino Donald Trump, nonostante inizialmente avesse rivendicato il merito del raggiungimento della tregua, sembra aver temporaneamente perso interesse dopo essersi stabilito alla Casa Bianca.
Il primo ministro Benjamin Netanyahu ha rassicurato la destra più estrema che l’offensiva a Gaza riprenderà alla conclusione di questi 42 giorni di tregua, anche se ciò potrebbe accadere in anticipo.
La situazione resta estremamente delicata e il futuro del cessate il fuoco dipenderà dalle azioni intraprese da entrambe le parti nelle settimane a venire.