René Benko, influente uomo d’affari del Tirolo, è stato arrestato nel suo lussuoso domicilio di Innsbruck su ordine delle autorità austriache, precipitando al centro del crac finanziario del suo impero, «Signa». Questo magnate 47enne è oggetto di indagini in quattro Stati, incluso l’Italia. A dicembre, la procura generale di Trento aveva avanzato richiesta di arresto nei suoi confronti, respinta però dalle autorità austriache, che hanno fatto valere il suo status di cittadino austriaco.

Le procure anticorruzione di Vienna, in particolare, lo accusano di associazione a delinquere, ritenendolo colpevole di aver falsificato documenti e tentato di occultare beni per sfuggire all’attenzione delle autorità. L’arresto è avvenuto grazie all’intervento dell’unità investigativa «Soko Signa» dopo l’autorizzazione del Tribunale di Vienna.

Dalle indagini emergerebbe che Benko si nasconde dietro la gestione della Fondazione privata «Laura», formalmente amministrata dalla madre dell’imprenditore, che versava esorbitanti canoni d’affitto per la villa in cui era domiciliato e dove è stato formalmente catturato. L’avvocato di Benko, Norbert Wess, contesta tutte le accuse, sostenendole infondate e preannunciando intenzioni di richiedere il rilascio del suo assistito.

Già ai primi di dicembre, un’operazione coordinata da Guardia di Finanza e Carabinieri, in collaborazione con la Direzione Distrettuale Antimafia di Trento, ha portato a numerose perquisizioni in varie province italiane. L’inchiesta ruota intorno a reati in ambito pubblico e speculazioni edilizie, portando all’arresto di nove individui e all’indagine di altre sessantotto persone tra imprenditori, politici e funzionari pubblici, accusati di manipolare l’amministrazione pubblica per favorire specifici progetti immobiliari.

Pur arrestato in Austria, Benko è stato presto rilasciato, poiché in Austria gli arresti domiciliari non sono previsti. La richiesta di estradizione avanzata dal tribunale regionale di Innsbruck a dicembre è stata negata, come dichiarato dalla portavoce Birgit Fink, definendo l’estradizione verso l’Italia “inammissibile”, lasciando il fondatore della «Signa holding» in libertà.

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