Il romanzo “Intermezzo” di Sally Rooney, acclamato come il caso editoriale del 2024, ha suscitato grande aspettativa tra i lettori, ma il suo contenuto potrebbe non giustificare interamente l’entusiasmo generato. Pubblicato l’anno scorso, rappresenta il quarto lavoro della scrittrice irlandese, arrivando a tre anni di distanza dal suo precedente libro, “Dove sei, mondo bello”. Tuttavia, questo nuovo capitolo della produzione letteraria di Rooney si discosta notevolmente dai lavori precedenti, spingendo per alcuni versi oltre i confini della narrativa confortante.

“Intermezzo” esplora la saga di due fratelli irlandesi, Ivan e Peter, che affrontano il dolore per la perdita del padre mentre l’Irlanda è nel clou di una rinascita culturale ricordata per James Joyce. La narrazione, sebbene corale, viene raccontata dal punto di vista dei due protagonisti maschili e delle loro controparti femminili, mantenendo sempre il distacco tipico della terza persona. Ivan vive una relazione con Margaret, una donna più grande di lui, mentre Peter è coinvolto in un intricato triangolo amoroso tra Sylvia, la sua storica fidanzata, e Naomi, una giovane esuberante.

Il romanzo segue un ritmo volutamente lento, dilatato su oltre 400 pagine, mettendo a nudo i turbamenti interiori dei personaggi, che diventano uno specchio del loro tempo. Se da un lato Rooney si conferma abile nel ritrarre fedelmente gli ambienti e i giovani della sua generazione, il romanzo si distacca dai precedenti evitando un’eccessiva autoreferenzialità. Nonostante Rooney avesse inizialmente inteso “Intermezzo” come la storia di Margaret, l’opera si sviluppa come un’esplorazione dell’impossibilità: quella di comunicare, di esprimere disagi e di superare sofferenze.

Nei personaggi, l’incapacità di comunicare genera un silenzio pesante e penetrante, dove parole non dette diventano barriere insormontabili. I due fratelli, come anche le figure che ruotano attorno a loro, vivono in un mondo di incomprensioni, dove tentativi di riavvicinamento basati su fragili fondamenta sono destinati al fallimento. Ivan e Peter incappano in un destino di sofferenza che riflette una vaga speranza di risoluzione delle loro crisi personali.

Decisamente più immobili sono le presenze femminili che, con dignità e stoico coraggio, affrontano gli ostacoli che la vita ha loro riservato. Sylvia sembra una figura quasi sacra, mentre Margaret combatte con le ombre del passato, rimanendo intrappolata in una condizione di fraintendimenti e colpe mal attribuite. Tutti i personaggi, intrappolati nei loro fallimenti relazionali, rivelano una sofferenza latente che non trova spazio di redenzione.

Nonostante Sally Rooney abbia tentato di affrontare temi complessi attraverso una trama volutamente semplice, il romanzo non riesce completamente a elevare il dolore maschile a un livello sublime, acquistando il gusto di un progetto più che di un prodotto finito. Sebbene l’opera tenti di affermare buoni sentimenti nel finale, ciò avviene in modo meno convincente, segnalando forse un’incertezza della stessa autrice nell’attuare una chiusura positiva dopo tanta sofferenza articolata.

In definitiva, il clamore attorno a “Intermezzo” potrebbe non essere del tutto meritato; il romanzo appare come un tentativo di esplorazione del dolore maschile, più che un riflesso definitivo di esso. La responsabilità di tale hype potrebbe ricadere più sulla società e sulle generazioni alla ricerca di nuovi talenti letterari, nonché sulle case editrici pronte a brandire nuovi fenomeni culturali.

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