ha saputo comporre un’opera intrigante, che esplora una rivolta silenziosa ma spietata, nascosta tra le pieghe di una società patriarcale e oppressiva. Sabrina Zuccato nel suo romanzo “La levatrice di Nagyrév” svela un microcosmo oscuro, caratterizzato da un’atmosfera noir con sfumature gotiche. La trama si sviluppa attorno a eventi di violenza e ribellione femminile, ambientati nell’Ungheria dei primi del Novecento.

La storia prende avvio dal ritrovamento di un corpo nei pressi di un’ansa del fiume Tibisco. Il compito di risolvere il caso spetta a Zsigmond Danielovitz, un capitano della gendarmeria segnato dalla guerra. Mentre l’indagine si dipana, emergono dettagli inquietanti che rivelano una lunga scia di morti sospette, inizialmente attribuite al colera. Un biglietto anonimo spinge il capitano a indagare più a fondo, rivelando orribili segreti custoditi da anni.

La comunità di Nagyrév è dipinta come un luogo dove superstizione e ignoranza dominano, un ambiente in cui le donne sono oggetto di pregiudizi e soprusi. Tra loro, la levatrice Zsuzsanna emerge come figura centrale: una donna temuta e riverita, la cui complessa personalità la rende un’anti-eroina affascinante.

Zuccato arricchisce il romanzo con dialoghi realistici e uno stile narrativo che alterna abilmente i piani temporali tra il 1929 e i decenni precedenti. L’abilità dell’autrice nel mantenere alta la tensione e delineare a fondo i suoi personaggi, rende “La levatrice di Nagyrév” un’opera avvincente e priva di momenti superflui. La trama coinvolgente mantiene saldamente l’attenzione del lettore fino alla fine, offrendo uno spaccato potente di odio e desiderio di rivalsa nel contesto storico dell’Ungheria.

Il romanzo di Sabrina Zuccato è un invito a esplorare le dinamiche oscure di una comunità guidata dalla paura e dai pregiudizi, portando in luce la rivolta sotterranea delle donne che, attraverso atti estremi, cercano di liberarsi da un sistema opprimente.

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