Nella provincia catalana di Tarragona, la crisi dell’inquinamento da plastica raggiunge un nuovo livello di emergenza, e questa settimana i legislatori europei si sono riuniti per affrontare l’argomento. L’area marittima della Costa Dorada è diventata il simbolo di una crescente minaccia ambientale: le spiagge sono ricoperte di piccole perle di plastica, conosciute come granuli, che ricordano visivamente i chicchi di riso Arborio. Questa regione ospita uno dei più grandi complessi petrolchimici del sud Europa, contribuendo alla significativa presenza di tali particelle disseminate nel territorio.
Questi minuscoli elementi di plastica sono la materia prima di un’ampia gamma di prodotti in plastica fabbricati a livello globale. Joaquim Rovira, un chimico dell’Università Rovira i Virgili, ha descritto la situazione come una problematica di primo piano, pur non opponendosi alle industrie, ma esortando queste ultime a metodi di produzione più sostenibili.
Secondo dati diffusi dalla Commissione europea, tra le 52.000 e le 184.000 tonnellate di granuli plastici vengono annualmente dispersi nell’ambiente europeo. Le cause sono da ricercarsi in inefficienze della catena di approvvigionamento. Passeggiare sulla spiaggia di Pineda a Tarragona permette di constatare la gravità del fenomeno, con la possibilità di raccogliere granuli a piene mani dalla sabbia.
L’impatto di queste microscopiche palline non si limita a rovinare il paesaggio vacanziero: una volta nell’ambiente, esse non si decompongono, infiltrandosi nella fauna marina e contribuendo all’inquinamento da microplastiche. Paradossalmente, nonostante l’evidenza dell’inquinamento, le responsabilità rimangono sfuggenti e lungamente dibattute, con la Procura di Tarragona che ha cercato di attribuire colpe specifiche ben tre volte senza successo.
La situazione non si limita alla provincia spagnola. Un anno fa si è verificata un’altra emergenza nel nord della Spagna, a seguito della dispersione di granuli da una nave nell’Atlantico. Simili disastri ambientali sono avvenuti nel 2020 nel Mare del Nord, con rilasci che hanno deturpato le coste di Norvegia, Svezia e Danimarca. Non è mancato un evento disastroso nei pressi dell’isola olandese di Schiermonnikoog che ha inflitto gravi danni agli ecosistemi marini locali.
Il problema si è ulteriormente ampliato con l’arrivo nel 2022 di migliaia di granuli di plastica bianca non identificata sulle spiagge di Francia e Spagna, evidenziando la necessità di trovare soluzioni efficaci. I legislatori dell’Unione europea si trovano quindi di fronte alla sfida di ridurre l’impatto dei granuli senza imporre misure che penalizzino eccessivamente il settore industriale coinvolto.
César Luena, parlamentare spagnolo, si è fatto portavoce della determinazione del Parlamento europeo nel promuovere regolamentazioni più stringenti per garantire che la responsabilità dell’inquinamento venga assunta da chi di dovere. Il sindaco di Vila-seca, Pere Segura, ha espresso l’esigenza di coraggio da parte delle autorità europee per implementare normative che non colpiscano drasticamente la plastica come prodotto, ma che impediscano il diffondersi di materiale plastico dove non dovrebbe assolutamente trovarsi.
Diversi ricercatori e amministratori locali evidenziano l’urgenza di un cambiamento, spingendo per iniziative legislative volte a gestire questa crisi in maniera efficace e sostenibile. Mentre le comunità costiere continuano a combattere contro l’invasione dei granuli, l’azione concreta dei governi diventa indispensabile per proteggere il fragile equilibrio degli ecosistemi marittimi e garantire la salute ambientale delle future generazioni.