La guerra commerciale avviata dal Presidente Donald Trump attraverso l’introduzione di dazi su Messico, Canada e Cina potrebbe trasformarsi in un’autorete orchestrata dalla sua amministrazione contro gli Stati Uniti stessi. Quello che appare come un “complotto contro l’America”, secondo la visione profetica dello scrittore Philip Roth, rischia di avere conseguenze economiche imprevedibili.

I mercati finanziari hanno cominciato a sentire gli effetti già dalla domenica sera in Europa, quando i mercati australiani hanno registrato un crollo dell’euro sul dollaro del 3%, un movimento così rapido e marcato che ha portato a un considerevole scambio di capitali in poche ore. Questa situazione è stata alimentata dalla paura che i dazi statunitensi possano estendersi anche all’Unione Europea, complicando ulteriormente l’accesso dei prodotti europei al mercato statunitense.

Allo stesso tempo, la reazione dei mercati americani non è stata meno allarmante, con un calo del 2,1% dei contratti futures sull’indice di Borsa principale e un ribasso del 3% delle società tecnologiche del Nasdaq. Il prezzo del petrolio ha subito un’impennata del 3%, segnale di una notevole incertezza economica.

L’iniziativa di Trump rappresenta più di una semplice guerra commerciale verso altri Paesi; sembra una forma di aggressione involontaria verso gli stessi Stati Uniti. Sono sempre di più gli americani che iniziano ad accumulare beni di prima necessità per paura di un’inflazione derivante dai dazi o per incertezza sul futuro, proprio come accadde agli inizi della pandemia.

Il deficit commerciale degli Stati Uniti, invece di ridursi come sperato, potrebbe ulteriormente allargarsi. I precedenti tentativi di Trump di riequilibrare i rapporti commerciali attraverso i dazi non hanno avuto l’esito desiderato. Nel suo primo mandato presidenziale, nonostante l’aumento dei prelievi doganali, il deficit delle partite correnti è continuato a salire.

Inoltre, tra le preoccupazioni c’è anche la spirale di ritorsioni che questi dazi potrebbero innescare. Pechino, Bruxelles, Ottawa e Città del Messico potrebbero unirsi in un fronte comune di ritorsioni che infliggerebbe agli Stati Uniti danni economici maggiori rispetto a quelli che queste aree subirebbero singolarmente.

Un altro elemento da considerare è la dipendenza americana dal petrolio canadese. Nonostante gli Stati Uniti siano uno dei maggiori produttori mondiali di petrolio, l’infrastruttura delle loro raffinerie è orientata a lavorare il greggio importato, in gran parte da Canada e Messico. L’imposizione di dazi su questo petrolio importato potrebbe ulteriormente aggravare la situazione economica americana.

In sintesi, la strategia protezionistica di Trump, volta a riequilibrare la bilancia commerciale americana, può trasformarsi in un boomerang con effetti devastanti per l’economia degli Stati Uniti, se non gestita con cautela e considerazione delle complesse dinamiche globali.

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