A Berlino l’attenzione è rivolta all’ultima strategia del presidente degli Stati Uniti Donald Trump in materia di commercio internazionale. Quest’ultimo ha imposto un dazio del 10% sui prodotti cinesi a partire da martedì, mentre Messico e Canada hanno, per il momento, ottenuto una proroga dei dazi del 25% concessa all’ultimo minuto. Non solo: Trump sta valutando l’opzione di colpire anche l’Unione Europea, un importante esportatore verso gli USA di automobili, medicinali e generi alimentari. La sua strategia comprende l’uso dei dazi come strumento per fermare il passaggio di fentanyl e immigrazione illegale ai confini degli Stati Uniti, nonostante l’economia del Paese stia vivendo un periodo di crescita sostenuta e occupazione completa. Un altro obiettivo dichiarato è la riduzione del deficit commerciale degli Stati Uniti, oggi pari a 1 trilione di dollari.
Il team di Trump sostiene che innalzare barriere tariffarie spingerà le aziende a riportare investimenti e posti di lavoro negli Stati Uniti, andando a colpire settori come quello dei semiconduttori e della telefonia mobile, prodotti attualmente fabbricati all’estero, ad esempio in Cina e Taiwan. I critici, tuttavia, avvertono che una politica del genere potrebbe portare a un aumento dei prezzi, un rallentamento della crescita economica e perturbazioni nelle catene di approvvigionamento, sia in territorio nazionale che all’estero. Fossi anche convinto che i dazi possano risolvere il problema del disavanzo commerciale, causato in gran parte dalle abitudini di consumo e di prestito americane, molti sottolineano che essi non sono lo strumento corretto.
Ma cos’è, esattamente, una guerra commerciale? Si tratta di un conflitto economico che si verifica quando una nazione ritiene ingiusta una pratica commerciale dell’altra. Ad esempio, se un Paese inonda un mercato con prodotti a prezzi così bassi da danneggiare le aziende locali, si verifica una situazione di dumping. In questo caso, la normativa commerciale internazionale consente l’imposizione di dazi come contromisura. Una guerra commerciale prende forma quando tali azioni preventive si intensificano al punto da creare tensioni significative nei rapporti tra Stati.
L’uso dei dazi nella strategia di Trump è stato difeso come un metodo per arricchire il Paese, con l’idea di istituire un’apposita agenzia per raccoglierne i proventi. Trump attribuisce il loro costo alle imprese estere, assicurando che non graverebbero sui consumatori americani. Contrariamente a queste affermazioni, i dazi sono imposte pagate dal paese importatore, risultando quindi in un aumento dei prezzi che colpisce direttamente i consumatori finali. Gli economisti avvertono che tali politiche potrebbero portare a un incremento immediato dell’inflazione senza alcun reale beneficio derivante dai presunti ricavi.
L’ultimo grande conflitto commerciale risale al mandato di Trump stesso, nel 2018, quando furono messi in campo dazi al 25% sull’acciaio e al 10% sull’alluminio. La reazione dell’Unione Europea fu altrettanto vigorosa, con tassazioni su beni iconici americani come le motociclette Harley Davidson. Sebbene le ostilità si siano temporaneamente pacificate, il rischio di una nuova escalation è sempre presente.
La Cina si configura infine come il principale avversario economico per Trump. Nonostante il capo della Casa Bianca abbia mitigato la sua retorica, cercando relazioni più eque con Pechino, le tensioni rimangono elevate. Uno dei principali interrogativi è se Trump abbandonerà i dazi verso gli alleati, qualora essi si allineassero con le politiche statunitensi contro la Cina. Si tratta di una questione che Bruxelles osserva con grande attenzione, nel tentativo di mantenere la pace transatlantica.
Mentre le tensioni commerciali continuano a crescere, molti si chiedono se trump sarà fermato. Vi sono strumenti legali e istituzionali per farlo, come l’IEEPA e il Congresso degli Stati Uniti, ma l’effettiva efficacia di tali misure resta incerta nel contesto attuale, dominato da divisive dinamiche politiche e commerciali. Anche l’Organizzazione Mondiale del Commercio, un tempo arbitro di riferimento nelle dispute globali, si trova oggi in difficoltà.