Le autorità della Georgia stanno intensificando il controllo sui media e sui gruppi della società civile attraverso l’introduzione di nuove restrizioni. Queste misure sembrano trarre ispirazione dal congelamento degli aiuti esteri deciso dal presidente degli Stati Uniti, Donald Trump. In un discorso recente, Mamuka Mdinaradze, leader del partito al potere Sogno Georgiano, ha sottolineato che lo scandalo globale riguardante l’USAID ha evidenziato la necessità per il Paese di riprendere il pieno controllo della propria sovranità.

Tbilisi ha in programma la presentazione di un nuovo disegno di legge volto a stabilire parametri di obiettività ed etica per i media ed eliminare completamente il finanziamento esterno per loro. Già lo scorso anno, il partito filorusso al potere aveva approvato una normativa che identificava ONG e media con più del 20% dei loro fondi esteri come “agenti stranieri”.

Il primo ministro Irakli Kobakhidze ha recentemente rinforzato la sua posizione contro i donatori occidentali, sostenendo che le ONG finanziate dall’estero avrebbero cercato di orchestrare una rivoluzione. Un ulteriore disegno di legge si propone di abolire l’obbligo dello Stato di consultare la società civile nei processi decisionali legislativi. Mdinaradze ha dichiarato che nessuno dovrebbe destabilizzare il Paese con accuse fasulle e problemi inesistenti.

Inoltre, il Parlamento georgiano ha adottato nuove normative che regolano più severamente le manifestazioni pubbliche. Una delle leggi comporta un aumento delle pene per chi insulta un agente di polizia, portando la condanna fino a 60 giorni di reclusione. Anche le punizioni per la mancata obbedienza a un ufficiale sono state incrementate.

Il governo aveva precedentemente semplificato le procedure per il licenziamento dei dipendenti pubblici, una mossa che ha portato al licenziamento di alcuni funzionari che avevano partecipato alle proteste antigovernative. Secondo diversi giornalisti georgiani, il piano del governo sembra mirare a silenziare le voci critiche. Lika Zakashvili, co-fondatrice del media locale Publika, ha affermato che tali misure potrebbero essere utilizzate come strumento di censura in un contesto dove le istituzioni indipendenti scarseggiano.

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