La fabbrica avanzata della Volkswagen situata a Zwickau, una cittadina ordinata della Germania orientale, è diventata il simbolo dell’ascesa della destra estrema tedesca, attratta dalle difficoltà crescenti che colpiscono l’impianto e alimentano il malcontento tra i dipendenti di fronte ai tagli occupazionali. Lars Bochmann, politico locale affiliato al partito di estrema destra Alternative for Germany (AfD) e membro del consiglio di fabbrica, critica la direzione presa da Volkswagen, sottolineando l’importanza di un approccio orientato al mercato piuttosto che una pianificazione economica di tipo centralizzato, che richiama alla memoria la vecchia Germania dell’Est.
Bochmann, da quasi tre decenni nella fabbrica di Zwickau, ha assistito alla drastica trasformazione di Volkswagen, da colosso del settore manifatturiero a esempio della crisi economica tedesca. La casa automobilistica ha annunciato la riduzione di 35.000 posti di lavoro nei prossimi cinque anni per evitare modifiche ancora più drastiche. In un contesto di tensioni crescenti, Bochmann e l’AfD sperano di poter capitalizzare il disagio tra i lavoratori. Per farlo, si appoggiano all’organizzazione di estrema destra Zentrum, che mirano a incrinare l’alleanza storicamente consolidata tra i lavoratori e i sindacati legati al Partito Socialdemocratico di centro-sinistra.
La fabbrica di Zwickau è stata pioniera per Volkswagen nella produzione esclusiva di veicoli elettrici, parte della strategia per competere con i marchi statunitensi e cinesi in vista di un futuro senza motori a combustione. Tuttavia, Bochmann e Zentrum attribuiscono il declino dell’azienda proprio alla sua focalizzazione sugli elettrici, aggravata dai sussidi governativi che ne incentivano la realizzazione. In previsione delle elezioni nazionali, in cui l’AfD è vista come favorita per un secondo posto, Bochmann adotta una retorica che si distanzia dai Verdi, sostenendo il ritorno ai motori tradizionali. Questo messaggio trova eco tra molti lavoratori nella regione, una delle roccaforti dell’AfD.
In un contesto di instabilità economica causata da aumenti dei costi energetici e calo delle esportazioni, Zentrum vede un’opportunità per ampliare l’influenza del proprio discorso. I lavoratori, sempre più disillusi, si rivolgono alle soluzioni estremiste del partito, mentre i licenziamenti massicci e i tagli ai sussidi per veicoli elettrici aggravano la situazione. La delusione tra i lavoratori, anche tra coloro che non vedono in Zentrum una soluzione concreta, è evidente in luoghi come il capo dell’assemblaggio Carsten Friedrich, che definisce questo periodo come uno dei più difficili nella sua lunga carriera in Volkswagen.
La disillusione ha trovato riscontro nelle elezioni, con un crescente numero di lavoratori tedeschi che votano per l’AfD. Questa tendenza si manifesta soprattutto nel settore automobilistico, dove Zentrum cerca di esacerbare le differenze tra le basi lavorative e i sindacati dominanti, accusandoli di fare gli interessi delle élite globali a discapito delle comunità locali. Zentrum, creata nel 2009 da Oliver Hilburger, ha attraversato una fase di esclusione per la sua natura estremista, ma con il tempo e la maturità politica dell’AfD, è stato riabilitato e integrato nella strategia del partito.
L’AfD, tuttavia, non è pioniera nel corteggiare il voto dei lavoratori; simili manovre politiche sono già state tentate da altre formazioni di destra europee, come dimostrano i successi di Marine Le Pen in Francia. Rispetto a quest’ultima, l’AfD promuove politiche economiche di deregolamentazione e riduzione fiscale, distinguendosi per un approccio diametralmente opposto a quello socialista.
L’avanzata di Zentrum nel panorama politico tedesco e la sua crescente integrazione con l’AfD riflettono una strategia a più livelli, mirata a conquistare gli strati culturali e sociali per raggiungere una supremazia politica più ampia, mettendo in discussione l’assetto tradizionale delle alleanze sindacali e sociali in Germania.