Nel capoluogo della Sicilia, una vasta operazione anti-mafia condotta dai carabinieri ha portato all’arresto di numerosi capimafia, estorsori, trafficanti di droga e “uomini d’onore”. Questa massiccia operazione, la più significativa dai tempi delle rivelazioni del pentito Tommaso Buscetta nel 1984, vede la cooperazione della Direzione Distrettuale Antimafia e ha colpito duramente i clan storici della città e della provincia.

Le forze dell’ordine hanno eseguito 181 arresti tra capi mafiosi di spicco, appartenenti a influenti “mandamenti” quali Porta Nuova, San Lorenzo, Bagheria, Terrasini e Pagliarelli. L’indagine, coordinata dal procuratore Maurizio de Lucia e dall’aggiunta Marzia Sabella, ha messo in luce i traffici illeciti dei clan, in particolare il commercio di stupefacenti e le estorsioni, che sono tornati centrali nell’agenda di Cosa nostra, strettamente alleata con la ‘ndrangheta.

Cosa preoccupa maggiormente gli inquirenti è l’utilizzo di telefonini criptati ritrovati nelle carceri, tramite i quali i capimafia detenuti comunicavano con l’esterno organizzando incontri e gestendo traffici, persino assistendo in videochiamata a pestaggi ordinati da loro. Intercettazioni di conversazioni tra mafiosi hanno svelato come i dispositivi criptati venissero utilizzati anche per creare chat con altri esponenti mafiosi, fornendo così alle autorità preziose informazioni.

Dai dialoghi intercettati traspare inoltre una certa nostalgia per i vecchi boss mafiosi: alcuni esponenti denunciano il basso livello delle nuove generazioni di affiliati, lamentando la perdita di quei valori che ritenevano fondanti della Cosa nostra tradizionale. In particolare, Giancarlo Romano, capo di Brancaccio, criticava l’attuale coinvolgimento della mafia in operazioni di basso livello economico, paragonandole al passato in cui si trattavano affari ben più redditizi.

Nonostante i cambiamenti, Cosa nostra continua a guadagnare attraverso il racket, i giochi online e il narcotraffico. Un capo mafioso di Tommaso Natale discuteva di un carico di droga che avrebbe fruttato profitti significativi, dimostrando che l’organizzazione è ancora capace di generare ricavi ingenti.

L’inchiesta ha anche messo in luce come, nonostante l’apparente modernizzazione, molte pratiche della mafia restano ancorate a vecchie regole e rituali. L’indissolubilità del vincolo mafioso viene paragonata a un matrimonio, riaffermando la natura ideologica del loro legame piuttosto che una mera ricerca di profitto.

Infine, il timore di essere scoperti ha spinto alcuni membri dei clan a pianificare fughe all’estero per proteggere i loro beni. Con la pressione delle forze dell’ordine e i continui controlli, l’Italia è diventata “scomoda” per loro, portandoli a considerare di lasciare il Paese per evitare di perdere ciò che hanno costruito.

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