L’Europa si trova ora ad affrontare una situazione delicata, in cui il futuro della sua storica missione climatica si intreccia in un complesso intrico politico. L’iniziativa di rafforzare la capacità industriale del continente ha dato origine a una coalizione variegata: interessi commerciali, politici di centro e forze di estrema destra. Questo gruppetto, tuttavia, è diviso quando si tratta di accordarsi sulla direzione da seguire per ridefinire il Green Deal europeo, un insieme di normative mirate a ridurre a zero le emissioni di gas serra e promuovere un rapporto armonioso con l’ambiente. Mentre il consenso sugli obiettivi climatici rimane, le divergenze emergono sui metodi per raggiungerli e sulla potenziale collaborazione tra le diverse fazioni.

Gli industriali europei chiedono che le regolamentazioni siano alleggerite e che vengano eliminate le penalizzazioni per chi inquina, mantenendo però intatti gli obiettivi ambientali dell’UE. Questo allineamento di interessi trova un certo favore presso i leader di centro-destra, pur mantenendo questi ultimi le distanze dall’alleanza con l’estrema destra. Tuttavia, i rappresentanti di quest’ultima credono che la riluttanza dei leader moderati possa non essere duratura e che potrebbe formarsi una nuova coalizione conservatrice basata sull’opposizione comune al Green Deal. Un possibile effetto di questa alleanza teme di smantellare il cordon sanitaire, il divieto implicito che impedisce ai partiti di centro di collaborare con quelli di estrema destra in Europa.

Alexandr Vondra, europarlamentare ceco affiliato al gruppo di estrema destra European Conservatives and Reformists (ECR), si è dichiarato ottimista riguardo a una svolta a destra della politica europea. L’avanzata di tale posizione è percepibile tra le varie componenti politiche. Negli ultimi cinque anni, il Green Deal europeo è stato oggetto di critiche e sfide, senza mai rischiare di essere indebolito in modo significativo quanto ora.

Il panorama imprenditoriale europeo, rappresentato da organizzazioni come BusinessEurope, continua a denunciare da tempo i pesanti eccessi regolativi imposti dal Green Deal, sostenendo che danneggiano le imprese e contribuiscono al deterioramento economico dell’UE. Voci di scontento si alzano anche dall’industria chimica: a febbraio 2024, ben 73 leader del settore hanno firmato una Dichiarazione di Anversa che esorta l’UE a concentrarsi sulla competitività e a ridurre la burocrazia. Tale documento ha trovato l’appoggio di quasi 1.300 organizzazioni, che chiedono di rivedere circa 68 politiche europee, metà delle quali ambientali, auspicando procedure più semplici e un rinvio delle normative in fase di approvazione.

In questo contesto, la Commissione europea ha convocato un tavolo di discussione per esplorare modifiche al Green Deal. Tuttavia, le organizzazioni ambientaliste lamentano un favoritismo verso chi inquina. Nonostante le critiche sul metodo di attuazione, i leader imprenditoriali dichiarano di sostenere gli obiettivi del Green Deal, pur chiedendo una revisione nella sua implementazione, poiché si ritiene che il percorso intrapreso sia stato troppo coercitivo verso gli operatori economici.

La situazione attuale dimostra un cambiamento nella strategia globale, mettendo in discussione la capacità dell’Europa di guidare il mondo verso standard ambientali elevati, un tempo considerato l'”effetto Bruxelles”. Con l’aumento delle tensioni tra diverse fazioni politiche e l’economia in cerca di equilibrio, il destino del Green Deal europeo resta incerto.

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