Il medico di famiglia, o medico di assistenza primaria, è una figura fondamentale del Sistema Sanitario Nazionale (SSN), istituita nel 1978 con la nascita del sistema stesso. Prima di allora, esisteva il “medico della mutua”, collegato alle assicurazioni sociali. Oggi, si contano circa 30-35 mila medici di famiglia in Italia, con ciascun medico che solitamente segue circa 1.500 assistiti. Gli assistiti hanno la libertà di scegliere il medico che preferiscono, stabilendo così un rapporto di fiducia personale.

Il legame tra i medici di famiglia e l’SSN è regolato da un contratto che li definisce come liberi professionisti para-subordinati. Essi percepiscono un compenso calcolato sulla base della “quota capitaria”, che corrisponde al numero di pazienti assistiti. A questi medici è richiesto di garantire un minimo di 15 ore settimanali dedicate alla cura dei pazienti.

Nel 2024 è stata rinnovata la convenzione, non ancora applicata a livello regionale, che copre il triennio 2019-21. Questa introduce un cambiamento significativo: i nuovi medici devono aprire uno studio e lavorare in parte nelle strutture sanitarie stabilite dall’azienda sanitaria. Man mano che ottengono pazienti privati, il tempo trascorso presso queste strutture pubbliche diminuisce, instaurandosi così un sistema “misto” che prevede una doppia retribuzione, basata tanto sull’orario quanto sulla quota capitaria.

Per i medici già convenzionati esiste la possibilità di scegliere se lavorare 38 ore nel proprio studio o suddividere il tempo tra il proprio studio e le strutture indicate dalla Asl. In merito al futuro dei medici di famiglia, è in corso una discussione sulla possibile trasformazione da liberi professionisti a dipendenti del SSN. Questo cambierebbe il loro status lavorativo rendendoli analoghi ai dirigenti ospedalieri. Tale riforma, sebbene possa comportare sfide economiche importanti stimabili attorno ai 5 miliardi di euro, consentirebbe una distribuzione più uniforme dei medici anche nelle aree meno coperte.

Recentemente è stata presentata una proposta di legge da Forza Italia, che prevede il mantenimento dello status di para-subordinazione dei medici di famiglia, i quali devono garantire 38 ore settimanali di attività, suddivise tra il servizio per gli assistiti e quello presso presidi sanitari territoriali. Una parte importante della proposta si concentra sulla formazione, che passerebbe da corsi regionali a universitari.

Nonostante i cambiamenti in discussione, il diritto dei cittadini di scegliere il proprio medico non dovrebbe essere influenzato. Tuttavia, ci sono timori espressi dai sindacati dei medici di famiglia che un più rigido assetto lavorativo possa compromettere il rapporto di fiducia con i pazienti, essendo prevista una maggiore suddivisione del tempo lavorativo dei medici al di fuori del loro studio personale. Questo potrebbe richiedere un modello lavorativo più flessibile, simile a quello degli specialisti, come propone Angelo Testa, presidente di Snami.

Il tema continua a generare dibattito nel settore, con diverse parti interessate che cercano di trovare un equilibrio tra le necessità operative del SSN e la qualità del servizio offerto ai cittadini.

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