Giada Suicide è una delle protagoniste più discusse e affermate dell’industria per adulti. In questa intervista, racconta senza filtri il suo ingresso nel settore, le sfide affrontate sul set e i pregiudizi che ancora circondano il suo lavoro. Dalla scoperta della propria sensualità alla gestione della fama, Giada condivide la sua esperienza con autenticità e determinazione.

Carriera e inizi

Come sei entrata nel mondo del cinema per adulti? È stata una scelta pianificata o un’opportunità arrivata per caso?

“Sono entrata nel mondo del porno nel 2020. Facevo già la modella per Suicide Girls da qualche anno ed ero in una relazione tossica, in cui non avevo rispetto per me stessa e davo per scontate molte cose. Poco prima del Covid ho scoperto tutte le bugie e i tradimenti e volevo fargli un torto. Lui era una persona molto gelosa, quindi ho pensato: cosa c’è di meglio di un video? Doveva essere solo uno, ma poi ho scoperto che mi piaceva girare, mi sentivo bella, a mio agio e ho notato che me la cavavo bene. Così ho iniziato la mia carriera.”

Quali sono state le tue prime impressioni sul settore? C’è qualcosa che ti ha sorpresa rispetto alle aspettative iniziali?

“Quando sono entrata in questo mondo, mi ero già documentata e non avevo particolari aspettative. Venendo dagli shooting fotografici, ero già preparata sull’aspetto fisico e sulla cura del corpo, che ritengo fondamentale nell’industria pornografica. Sapevo che sarebbe stato un lavoro difficile, perché esporsi su internet porta inevitabilmente critiche. Iniziando subito a girare all’estero, la prima cosa che ho pensato è stata: ‘Ce l’ho fatta, finalmente posso vivere la mia vita come voglio’.”

Hai avuto qualche modello o figura di riferimento che ti ha ispirata?

“Ero una grande fan di Malena, l’ho sempre seguita fin da giovane e inizialmente era la mia fonte d’ispirazione. Poi, dopo nove mesi nel settore, l’ho conosciuta di persona e ho scoperto una realtà molto diversa da quella che mi aspettavo: non era amichevole. Da quel momento ho deciso di prendere me stessa come riferimento. Sapevo e so tutt’ora quanto valgo e questo mi ha fatto riflettere sul tipo di personaggio che voglio essere.”

Esperienze sul set

Qual è stata la scena più impegnativa che hai girato?

“Ogni scena ha la sua difficoltà: alcune per il copione, altre per il personaggio che devo interpretare o le pratiche da eseguire. Avendo girato scene molto impegnative come la TAP (tripla anale) o il doppio fisting anale, quelle più ‘normali’ sono ormai più semplici da affrontare.”

Quali caratteristiche deve avere un partner di scena per farti sentire a tuo agio?

“Credo che la caratteristica fondamentale per attori e attrici sia il rispetto. Purtroppo, spesso manca per gelosia, mancanza di serietà o manie di protagonismo, e questo influisce negativamente sul lavoro. Per me è essenziale girare in un ambiente sereno, altrimenti diventa difficile lavorare bene.”

Ci sono differenze tra girare per un grande studio e per produzioni indipendenti?

“Ho iniziato lavorando con grandi produzioni in Europa, America e persino in Giappone. Questo mi ha insegnato a seguire una metodologia di lavoro precisa e organizzata, con set che spesso coinvolgono dai 5 ai 10 attori per scena. Quando poi ho lavorato per produzioni più piccole o indipendenti, dove ci sono al massimo 2 o 3 attori e magari più parti recitate, ho trovato il tutto più semplice e veloce. Come ho detto in un’intervista, ‘5 sono pochi’!”

Aspetti tecnici e professionali

Quanto è importante la chimica tra gli attori in una scena? È possibile fingere del tutto?

“Certo, è possibile fingere, perché siamo professionisti. Nel nostro lavoro spesso dobbiamo bloccare o modulare le emozioni. Ho colleghi con cui ho un ottimo rapporto d’amicizia, ma sul set siamo completamente diversi e non ci facciamo influenzare da quello che accade fuori.”

Come si svolge una giornata tipo sul set?

“Mi sveglio presto, perché nonostante abbia girato più di 250/300 scene, vado in ansia come se fosse la prima volta. Poi mi preparo con lavaggi anali per restare pulita a lungo, dato che non si sa mai quanto durerà la scena. In produzione, trovo il make-up artist che si occupa del trucco, dei capelli e a volte dell’outfit. Prima di iniziare, mi prendo un momento per rilassarmi e prepararmi fisicamente. Poi facciamo uno shooting fotografico da sola e con gli altri attori, e infine si gira la scena, che può durare dalle due ore in su. Dopo, doccia e subito a casa a riposare.”

Qual è il lato meno conosciuto o più sottovalutato del tuo lavoro?

“Molti pensano che sia solo ‘aprire le gambe e via’, ma dietro c’è tantissimo lavoro. Per fare DAP, TAP o fisting, bisogna allenarsi con uno stretching anale quotidiano di 30 minuti o un’ora. Io lo faccio con piacere perché amo l’anale, ma è comunque un impegno costante. Inoltre, ho sottovalutato l’impatto della fama: è arrivata all’improvviso e all’inizio non sapevo come gestirla.”

Gestione della carriera

Come scegli i progetti a cui partecipare?

“Controllo come viene registrata ed editata la scena, perché anche una performance eccezionale può sembrare scadente con un montaggio sbagliato. Chiedo sempre il tipo di scena, il cachet e altre informazioni tecniche, ma soprattutto le referenze: sapere con chi si lavora è fondamentale.”

Hai mai rifiutato una scena per motivi personali o professionali?

“Sì, una volta ho interrotto una scena perché ho ricevuto la notizia della morte di una persona cara e non me la sono sentita di continuare. Un’altra volta ho rifiutato una scena perché mi volevano far recitare da sottomessa, cosa che non pratico né nella vita privata né sul set. Essendo dominatrice, non avrei saputo interpretare il ruolo in modo credibile e non avrei messo in pericolo la mia immagine professionale.”

Percezione e pregiudizi

Ti è mai capitato di essere giudicata negativamente per il tuo lavoro?

“Sì, è inevitabile. Molti non vedono la donna, ma solo un pezzo di carne. All’inizio ne soffrivo e cercavo di accontentare tutti, poi ho capito che non ho bisogno di piacere a tutti. Sono diplomata, ho fatto diversi corsi, parlo cinque lingue, faccio volontariato: so chi sono e le critiche non mi toccano più.”

Pensi che in Italia ci sia ancora uno stigma verso chi lavora nell’industria del porno?

“Sì, qui il porno non è considerato un lavoro. Il pagamento per un’attrice viene equiparato a quello di una prostituta. Inoltre, essendo un paese con una forte influenza religiosa, tutto ciò che è trasgressivo non viene accettato.”

Se potessi cambiare un pregiudizio comune sul tuo lavoro, quale sarebbe?

“Che non siamo tutte stupide o incapaci di fare altro. Ci sono tantissime attrici laureate e intelligenti, che fanno questo lavoro per passione e perché amano mettersi in gioco.”

Giada Suicide si è costruita un percorso unico nel mondo del porno, affrontando ostacoli, pregiudizi e scelte difficili con determinazione. La sua storia dimostra come questo settore sia molto più complesso di quanto si creda, richiedendo disciplina, passione e consapevolezza. Tra progetti futuri e nuove sfide personali, Giada continua a reinventarsi, mostrando che il vero successo nasce dalla capacità di essere sempre fedeli a se stessi.

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