Trovare un attore della versatilità e duttilità di Gene Hackman risulta estremamente complesso nell’epoca contemporanea, dopo che l’era della Hollywood classica è tramontata. La sua abilità di adattarsi a una vasta gamma di ruoli e maschere è leggendaria, basta considerare le tante sfaccettature dei personaggi da lui interpretati. Qual è, per esempio, il suo volto autentico? È quello del federale antirazzista in “Mississippi Burning” o del furioso agente dell’antidroga ne “Il braccio violento della legge”? O forse il vagabondo irascibile di “Lo Spaventapasseri” o il misterioso sceriffo ne “Gli Spietati”?

Nato il 30 gennaio 1930 a San Bernardino, California, Hackman cresce in una famiglia della classe media che si sposta frequentemente per motivi di lavoro. A soli 16 anni si arruola nei Marines e vi presta servizio per quattro anni come addetto radio, per poi trasferirsi a New York dove si interessa di giornalismo e produzione. Tuttavia, a 26 anni decide di inseguire la carriera d’attore frequentando la Pasadena Playhouse in California. La sua strada professionale prende una piega significativa nel 1967, quando ottiene la sua prima nomination grazie a “Gangster Story”.

La sua carriera cinematografica non si limita a un solo genere; alla fine degli anni Sessanta, Hackman passa abilmente da film storici come “Hawaii”, a drammi sportivi come “Gli spericolati”, e perfino a quelli di fantascienza come “Abbandonati nello spazio”, ricoprendo spesso ruoli da coprotagonista. L’apice della sua carriera arriva nel 1971 con il personaggio di “Papà Doyle” ne “Il braccio violento della legge”, che lo consacra come attore protagonista. Uno dei ruoli più memorabili è quello di Harry Caul ne “La conversazione”, dove incarna pienamente il sentimento di paranoia e disillusione dell’America dell’epoca.

Non si è mai tirato indietro neanche di fronte a personaggi comici, come il suo esilarante eremita cieco in “Frankenstein Junior”, o ai ruoli più legati al fumetto, interpretando l’arcinemico di Superman, Lex Luthor. Tuttavia, è nei film che esplorano la complessità storica e sociale che Hackman ha realizzato le sue performance più memorabili, come nel ruolo del cowboy disilluso in “Stringi i denti e vai”, e quello dell’investigatore in “Bersaglio di notte”.

Negli anni Ottanta, Hackman trova nuovamente successo con personaggi iconici, tra cui il giornalista progressista di “Sotto tiro” e l’allenatore di pallacanestro in “Colpo vincente”. Gli anni Novanta, nonostante un intervento al cuore che rallenta il suo passo, vedono l’attore vincere il suo secondo Oscar grazie a “Gli spietati” di Clint Eastwood. Hackman continua a incantare con una gamma di ruoli variegati, dal politico reazionario di “Piume di struzzo” al patriarca nevrotico de “I Tenenbaum”.

Il contributo di Gene Hackman al cinema è indelebile, e la sua scomparsa avvenuta a 95 anni lascia un vuoto profondo, ma anche un’eredità ricca e varia che continua a pervadere l’industria cinematografica e ad ispirare nuovamente attori e cineasti.

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