Margherita Cagol, nata l’8 aprile 1945 a Sardagna, un piccolo borgo trentino, è emblematica di una storia comune a tante altre, finita diversamente nel contesto degli anni più turbolenti d’Italia. Proveniva da una famiglia della piccola borghesia; il padre era proprietario de “La casa del sapone” a Trento, mentre la madre esercitava la professione di farmacista. Educata con le sorelle in un ambiente tradizionale, frequentava assiduamente la chiesa e trascorreva le estati in colonia.
In gioventù, Cagol dimostrò un talento raro nella musica e si classificò come la terza chitarrista classica d’Italia. Decise poi di proseguire gli studi accademici iscrivendosi nel 1964 alla neonata facoltà di Scienze sociali a Trento. Qui incrociò il suo destino con Renato Curcio, un giovane studente romano con cui condividerà non solo una vita privata, sposandolo immediatamente dopo la laurea ma anche una militanza che lascerà un segno indelebile nella storia italiana.
Trasferitasi a Milano, secondo Marco Boato, compagno di studi e futuro parlamentare di sinistra, quel cambiamento ambientale fu determinante nel radicalizzare le ideologie di Curcio e Cagol verso il marxismo-leninismo. Poco dopo, insieme a Curcio e Alberto Franceschini, Margherita divenne una delle fondatrici delle Brigate Rosse (Br), un gruppo che avrebbe sconvolto il paese con azioni di estrema guerriglia urbana. Margherita abbracciò completamente questa scelta di vita, al punto che Curcio stesso riconobbe come lei avesse un fervore superiore al suo nel proseguire la causa.
Durante la sua attività con le Brigate Rosse, Margherita, conosciuta come Mara, partecipò a numerose operazioni, fino alla sua tragica fine il 5 giugno 1975. In quel giorno, coinvolta nel sequestro di Vittorio Vallarino Gancia, perse la vita in uno scontro a fuoco con i carabinieri nelle colline di Alessandria. Con lei morirono il carabiniere Giovanni D’Alfonso, mentre il tenente Umberto Rocca e il maresciallo Rosario Cattafi rimasero feriti.
Le motivazioni che spinsero Margherita Cagol verso l’attivismo estremo furono analizzate anni dopo da Boato che le attribuì alla trasformazione di forti pulsioni personali e sociali, e forse anche spirituali, in un’ideologia marxista distorta. Per molti, questi concetti rimangono complessi e talvolta astratti, lasciando il ricordo di un periodo segnato dal terrore e dall’incertezza, gli “anni di piombo”.
Boato, durante il suo impegno politico, cercò di affrontare la crisi del terrorismo con un approccio analitico, suggerendo di non demonizzare completamente figure come quella di Mara, ma di studiarne le motivazioni per contrastare il fenomeno in modo più efficace. Tuttavia, per approfondire il rapporto tra crisi esistenziali personali e derive politiche collettive, occorrono strumenti di analisi complessa che ancora oggi offrono spunti di riflessione.
In una delle sue ultime lettere, Cagol cercò di spiegare ai genitori la sua decisione, affermando che la formazione ricevuta le aveva dato una forza indomabile, e che ciò che stava facendo aveva un senso storico, paragonabile alla Resistenza del 1945, sebbene ammettesse che i metodi fossero discutibili. Questo rimane un esempio struggente di come ideali assoluti possano prendere il sopravvento, portando a conseguenze drammatiche.