Ho assistito alla finale di “Masterchef” su Sky, dove tra i concorrenti in gara vi era Simone, un imprenditore edile di 35 anni proveniente da La Morra, Cuneo. Simone presentava piatti tipici delle Langhe, sebbene apportando delle varianti innovative che si allontanavano dai tradizionali tajarin. Purtroppo, non è stato lui a trionfare, bensì Anna Yi Lan Zhang, la cui proposta culinaria è il frutto di un incontro essenziale tra varie culture, aspirando a ricreare un equilibrio idilliaco, una sorta di Eden personale.

Negli anni ho sempre seguito programmi di cucina, dai tempi di Mario Soldati, Ave Ninchi e Luigi Veronelli, domandandomi se la televisione abbia realmente migliorato il nostro rapporto con il cibo. La risposta è probabilmente affermativa, grazie a una sorta di alfabetizzazione culinaria che ha toccato anche gli alimenti surgelati. Ormai la cucina non è più un mero strumento di sopravvivenza quotidiana, ma un’opportunità di apprendere e sperimentare.

Nonostante ciò, la cucina dei grandi chef solleva qualche interrogativo. Si può davvero perfezionare ciò che è già perfetto, come nel caso di un piatto di ravioli al plin con sugo dei tre arrosti? Forse sì, ma probabilmente solo dal punto di vista estetico. Recentemente si è discusso delle chiacchiere di Iginio Massari, che arrivano a costare 100 euro al kg, o del pesto d’Imperia di Maurizio Viani, il cui prezzo raggiunge i 1.000 euro al kg.

Sebbene si possa accogliere l’invito di personaggi come Daniela Santanché a non demonizzare il lusso, non si può fare a meno di avere alcune perplessità, specialmente riguardo al pesto, considerato un piccolo capolavoro della cucina povera. Quando i pinoli scarseggiavano, si usavano noci e una maggiore dose d’aglio. Le chiacchiere di Massari, per quanto superiori a quelle tradizionali, sono “instagrammabili”, a differenza di quelle della nonna. Questo le rende acquistabili non solo per il gusto, ma anche per l’opportunità di condividerle sui social, costruendo un’identità virtuale.

La questione rimane: l’immagine ha un costo? Essere attratti dal lusso alimentare è sinonimo di intelligenza o superficialità? Forse, allora, il pesto da 1.000 euro non è poi così assurdo. Alla fine tutto si riduce all’impiattamento e all’estetica del cibo.

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