Durante il primo mandato di Donald Trump, l’ex Presidente degli Stati Uniti ha tentato di indebolire l’Unione Europea attraverso una guerra commerciale, ma senza successo. Tuttavia, nella sua seconda presidenza, ha identificato un punto debole più significativo: la crisi di sicurezza generata dalla decisione di ritirare il supporto degli USA all’Ucraina, mettendo così in luce pericolose vulnerabilità all’interno del blocco dei 27 Paesi europei. Questa situazione potrebbe avverare gli auspici benefici per Trump che, non ha mai nascosto la sua antipatia verso l’UE, considerandola un’entità sopranazionale avversaria come l’Organizzazione Mondiale del Commercio e l’Organizzazione Mondiale della Sanità, che a suo avviso hanno tratto profitto a spese dell’America.

Nei caotici giorni iniziali del suo secondo mandato, l’amministrazione Trump si è dimostrata poco interessata a interagire seriamente con Bruxelles. Non sono state risparmiate umiliazioni ai rappresentanti dell’UE, come il capo del commercio europeo che ha ricevuto un’accoglienza gelida a Washington e il capo della politica estera ignorato dal segretario di Stato Marco Rubio. Gli europarlamentari sono stati lasciati con la scomoda realtà che le norme europee sarebbero state ignorate dagli Stati Uniti.

La strategia di Trump appare chiara: marginalizzare l’UE e privilegiare i rapporti con i leader nazionali sul modello del divide et impera. Durante il primo mandato, una simile frattura non era stata possibile a causa della compattezza dell’Europa in risposta alle sue mosse commerciali. Tuttavia, la guerra in Ucraina ora destabilizza quell’unità, sollevando interrogativi fondamentali sulla coesione del blocco.

L’opposizione dell’amministrazione americana alla struttura dell’UE trova eco nel malvolere del Cremlino verso l’organizzazione europea e propaga una crisi senza precedenti a Bruxelles. Mentre nazioni leader come la Francia e il Regno Unito prendono le redini della risposta europea a Trump, le istituzioni dell’UE lottano per dimostrare la loro importanza. Il Consiglio Europeo rischia di mostrarsi troppo frazionato per adeguarsi alle turbolenti dinamiche innescate dagli Stati Uniti.

In tale contesto instabile, il vertice di emergenza del Consiglio a Bruxelles si prevede poco fruttuoso a causa della posizione resistente dell’Ungheria riguardo nuovi aiuti all’Ucraina. Dietro le quinte, Macron e Starmer intessono reti diplomatiche autonome, bypassando i leader pro-russi e cercando l’appoggio di Paesi come Turchia e Canada.

Questa crisi riorganizza il centro di gravità europeistico verso le capitali nazionali, secondo Mujtaba Rahman dell’Eurasia Group, obbligando le autorità del calibro di Ursula von der Leyen e António Costa ad accettare e adattarsi a questa nuova realtà.

Ciononostante, tra le difficoltà riscontrate nei rapporti transatlantici, emerge un discreto ottimismo sulla capacità del blocco di resistere alle pressioni esterne, nonostante la poca fiducia concessa dagli Stati Uniti e gli sforzi per destabilizzare ulteriormente il panorama politico nazionale e sostenere il populismo di destra, che minaccia di frammentare l’UE nei suoi Stati membri.

L’antipatia di Trump verso l’UE, percepita come un colosso commerciale capace di ottenere surplus commerciando con gli USA e accaparrandosi la protezione militare americana, non è una sorpresa. L’ex Presidente degli Stati Uniti amava poco l’auto lussuosa tedesca in bella mostra sulle strade di New York e derideva il Belgio, culla delle istituzioni comunitarie. Tuttavia, all’epoca, l’interazione con i funzionari europei si è dimostrata inevitabile e in alcuni casi persino cordiale.

Oggi, invece, al di fuori del cerchio ristretto dei leader europei simpatizzanti del suo approccio politico come Giorgia Meloni e Viktor Orbán, che sono stati invitati alla cerimonia inaugurale, mantenere relazioni dirette con Trump appare insormontabile per i dirigenti dell’UE.

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