La Bielorussia, sotto la guida repressiva di Alexander Lukashenko, continua a essere al centro della scena geopolitica, con lo sguardo attento della comunità internazionale, ma senza azioni concrete di sostegno da parte dell’Europa. Svetlana Tikhanovskaya, leader dell’opposizione bielorussa in esilio, denuncia questa mancanza di interesse e sostiene che il suo Paese si trova in prima linea nella battaglia tra democrazia e dittatura, sottolineando il legame indissolubile tra i destini di Bielorussia e Ucraina.
Le immagini delle condizioni terribili in cui versa suo marito, prigioniero politico da anni, testimoniano la brutale repressione del regime. “È come se fosse stato in un lager,” dichiara Tikhanovskaya, rendendo evidente la disumanità della detenzione a cui lui e altri mille oppositori sono sottoposti, con condizioni di vita estreme che comprendono isolamento, mancanza di cure mediche e privazioni di ogni genere.
Lukashenko, definito “l’ultimo dittatore d’Europa”, continua a perpetuare il suo regime con l’appoggio di Vladimir Putin, tramite un processo di russificazione crescente. La leader dell’opposizione denuncia anche come il dittatore bielorusso approfitti della guerra in Ucraina per rafforzare la sua posizione e legittimarsi internazionalmente, cercando di presentarsi come mediatore di pace, un’immagine che Tikhanovskaya reputa ingannevole e falsa.
La posizione dell’Europa in questa crisi è vista come marginale. Tikhanovskaya critica il fatto che molti politici li trattino come un’appendice della questione ucraina, senza comprendere la necessità di affrontare la specificità del caso bielorusso, né la sua importanza strategica nella stabilità regionale. Esiste un’errata fiducia nel pensare che Lukashenko possa essere rieducato o che semplicemente facendo cadere il regime russo si risolveranno tutte le questioni annesse, inclusa quella bielorussa.
Gli scenari futuri dipendono in gran parte dagli sviluppi del conflitto in Ucraina, e Tikhanovskaya è ferma nel ritenere che una vittoria dei valori democratici in Ucraina potrebbe innescare un cambiamento in Bielorussia, dove il popolo potrebbe finalmente riconquistare il controllo del proprio destino, allontanandosi dall’orbita di Mosca. Al contrario, un rafforzamento della posizione di Putin costituirebbe una minaccia per l’intera regione.
Nel rapporto con l’Occidente, la Tikhanovskaya esorta a un maggiore impegno, ribadendo la necessità di sanzioni più stringenti contro il regime di Lukashenko e di un sostegno concreto che consenta un reale cambiamento politico in Bielorussia. Accanto a questo, richiama l’importanza dei simboli di liberazione e di riconoscimento culturale, ribadendo che il popolo bielorusso non si identifica con la Russia, ma con l’Europa, e che ha il diritto di scegliere autonomamente il proprio futuro.
La sua chiamata all’azione è chiara: la lotta per la democrazia in Bielorussia non deve essere una questione marginale per l’Europa, perché la stabilità futura di tutta la regione ne dipende critica la superficialità con cui il Vecchio Continente affronta il tema, un errore che rischia di avere conseguenze durature.