I risultati delle autopsie sui corpi di Gene Hackman e sua moglie Betsy Harakawa hanno finalmente svelato il mistero intorno alla loro tragica scomparsa, che ha suscitato molte domande nelle settimane precedenti. Betsy Harakawa, di 65 anni, sembra essere deceduta circa una settimana prima del marito, l’11 febbraio, a causa di un virus polmonare particolarmente raro e potenzialmente letale noto come hantavirus.
Secondo il Professor Giovanni Di Perri, Direttore della Clinica di Malattie Infettive dell’Università di Torino, l’Italia ha registrato pochissimi casi di hantavirus; uno solo nel 2001 di cui lui stesso si è occupato. A livello europeo, spiega il professore, sono stati segnalati sporadici casi, tra cui uno in Grecia negli ultimi undici anni e più casi in Slovenia, che avevano destato l’attenzione degli istituti zooprofilattici per un controllo più attento ai confini con l’Italia.
L’hantavirus si presenta in due forme cliniche, una delle quali, rinvenuta tra le truppe statunitensi durante la guerra di Corea nel 1951, provoca febbre emorragica e insufficienza renale, con un tasso di mortalità al di sotto del 7%. L’altra forma, quella più diffusa negli Stati Uniti e che ha causato la morte di Betsy Harakawa, è un’infezione virale polmonare. Questa forma presenta somiglianze con la caratterizzazione medico-diagnostica del Covid-19 ma è caratterizzata da un tasso di mortalità significativamente più alto, colpendo mortalmente circa il 50% dei pazienti infetti, soprattutto quelli di età superiore ai 65 anni.
L’hantavirus è tipico delle regioni desertiche, come il New Mexico dove risiedeva la coppia Hackman, oltre che di altre aree come il Texas, l’Arizona e lo Utah. In queste zone, i roditori trovano facilmente rifugio in luoghi come cantine e solai, ed è dalle loro feci, urine e secrezioni mucose essiccate che il virus si diffonde, trasportato dal vento e inalato dall’uomo. Questa modalità di trasmissione costituisce la principale via d’infezione, come spiega il professore Di Perri.
A differenza del Covid-19, l’hantavirus non si diffonde così facilmente da una persona all’altra. Le particelle virali infette, infatti, agiscono rapidamente nell’organismo umano, impedendo al virus di avere il tempo necessario per una diffusione estesa. Sebbene un individuo colpito dall’hantavirus possa manifestare sintomi inizialmente lievi, è costretto a riposo a causa di febbre alta e difficoltà respiratorie, limitando così la diffusione del virus.
La trasmissione diretta interumana non è mai stata documentata, mentre si sa con certezza che è i roditori a fungere da veicolo principale per il virus. Sono più di 200 le specie di roditori conosciute come potenzialmente infettanti.
Per quanto riguarda le terapie, per la febbre emorragica si valuta la somministrazione di ribavirina, un antivirale a spettro ampio la cui efficacia sull’uomo non è stata pienamente verificata. Per l’infezione polmonare, si ricorre al supporto respiratorio e della circolazione, inclusa l’assistenza ventilatoria, seguendo i protocolli per le infezioni polmonari. Nel caso della forma emorragica, la dialisi renale può rientrare nelle cure di supporto. Generalmente, il decorso di questa malattia, se segue una prognosi benigna, dura circa due settimane.
Curiosamente, il nome “hantavirus” deriva dal fiume Hantaan, situato tra le due Coree, luogo in cui, durante il conflitto coreano, i militari statunitensi affrontarono oltre tremila contagi. In Estremo Oriente, l’hantavirus si presenta principalmente con febbre emorragica e insufficienza renale, mentre nel continente americano la forma più comune è quella polmonare.