Il confronto tra il celebre capolavoro di Luchino Visconti e la nuova versione del “Gattopardo”, diretta dall’inglese Tom Shankland, si presta a un’analisi approfondita. La straordinaria pellicola del 1963, vincitrice della Palma d’oro a Cannes e simbolo del cinema italiano, ha lasciato un’impronta indelebile nella storia del grande schermo. Il film di Visconti, con la sua enfasi sulla bellezza visiva e la ricchezza narrativa, ha attirato quasi 13 milioni di spettatori, diventando il “Via col vento” dell’Italia.
Tom Shankland ha scelto di affrontare l’arduo compito di rivisitare un classico del cinema italiano, con una serie di sei episodi che si discosta dal film originale su vari fronti. Mentre Visconti aveva saputo trasmettere il corso del Tempo e dell’evoluzione storica attraverso il principe di Salina, interpretato dal magistrale Burt Lancaster, la nuova versione sembra più concentrata sull’aspetto sentimentale.
Uno degli elementi di differenziazione principali risiede nella centralità data a Concetta, la figlia del principe, che diventa il fulcro della narrazione. Quest’interpretazione è sostenuta dall’ottima performance di Benedetta Porcaroli, la quale dona al personaggio una vasta gamma di espressioni. Tuttavia, nonostante i tentativi di modernizzare il racconto e di espandere l’arco temporale della storia, mancano le profonde radici storiche e culturali che avevano caratterizzato l’opera di Visconti.
La nuova serie si concentra più sugli aspetti romantici e familiari, mancando parzialmente quel senso di mutamento e decadenza che aveva reso celebre il film del ’63. Anche le scelte stilistiche e narrative, come l’aggiunta di una festa non presente nel romanzo originale, rompono il ritmo che il maestro Visconti aveva saputo così sapientemente creare. Inoltre, le interpretazioni dei protagonisti, come Deva Cassel e Saul Nanni, non riescono a eguagliare la forza espressiva della pellicola originale.
In conclusione, mentre la nuova produzione offre alcuni spunti interessanti, specialmente nei momenti inediti come l’episodio torinese, fatica a ritrovare la profondità simbolica e emotiva del “Gattopardo” di Visconti. Essa si presenta più come una vicenda sentimentale che come un ritratto storico, lasciando in superficie la ricchezza culturale e psicologica che aveva reso immortale il suo predecessore.