Da quando Keir Starmer è diventato primo ministro del Regno Unito, il suo percorso politico non è stato sempre lineare. Tuttavia, in ambito di questioni internazionali, sembra aver compiuto una scelta vincente nominando Jonathan Powell come nuovo consigliere per la sicurezza nazionale. Powell, che ha ricoperto un ruolo fondamentale come capo di gabinetto di Tony Blair dal 1997 al 2007, è ben noto per la sua partecipazione determinante nella negoziazione dell’Accordo del Venerdì Santo in Irlanda del Nord, portando ad una significativa pacificazione.
Recentemente, le doti di negoziatore di Powell sono state cruciali per Starmer. Ha infatti contribuito a sviluppare una proposta di cessate il fuoco tra Stati Uniti e Ucraina, un’iniziativa che ha preso forma in seguito ad un incontro conflittuale tra i presidenti Donald Trump e Volodymyr Zelenskyy. Powell e Starmer hanno lavorato instancabilmente per far sì che il dialogo tra le parti rimanesse aperto, culminando in un viaggio di Powell a Kiev per stilare un accordo con Andriy Yermak, capo di gabinetto di Zelenskyy. Il prosieguo delle trattative ha visto Powell recarsi a Washington per confrontarsi con Mike Waltz, consigliere per la sicurezza nazionale di Trump, con l’obiettivo di mantenere l’inerzia negoziale.
Seppur i passi verso la pace siano evidenti, il cammino è ancora incerto. La Russia, guidata da Vladimir Putin, ha posto condizioni stringenti per accettare un eventuale accordo, mantenendo in sospeso gli animi dei sostenitori dell’Ucraina. Tuttavia, Starmer e Powell si sono saldamente posizionati al timone di una missione di pace che mira a rafforzare la fiducia delle nazioni europee e non lasciare l’Ucraina nel limbo.
Per chi conosce Powell, il suo recente operato evoca inevitabilmente il suo approccio alla questione nordirlandese. Sebbene inizialmente riluttante a stringere la mano al leader repubblicano Martin McGuinness a causa di eventi personali tragici legati all’IRA, Powell cambiò visione. Capì quanto fosse cruciale il dialogo con gli avversari ritenuti terroristi, per prevenire ulteriori spargimenti di sangue. Richard English, dell’Institute of Irish Studies, evidenzia quanto la capacità di costruire relazioni con vecchi nemici sia stata una parte vitale del lavoro di Powell.
Powell ha fondato un’ONG per la mediazione dei conflitti e, sotto il governo di David Cameron, è stato incaricato come inviato nel conflitto libico post-Gheddafi, incontrando notevoli difficoltà a causa della destabilizzazione politica. Egli sottolinea, con un certo realismo, che i processi di pace richiedono più tempo del previsto e necessitano di un impegno costante oltre che della costruzione di fiducia sul campo.
Il nuovo impegno di Starmer di riportare la Gran Bretagna al centro della scena diplomatica internazionale si è concretizzato anche con frequenti visite ufficiali tra i vertici britannici e quelli americani. Powell, con i suoi numerosi viaggi e il telefono diretto con la Casa Bianca, incarna il ponte cruciale tra Londra e Washington.
Nonostante i notevoli successi, vi è cautela riguardo il peso che una figura centrale come Powell porta sulle sue spalle. È un sottile equilibrio tra genio diplomatico e rischio di sovraccarico, giacché Powell gestisce compiti che solitamente sarebbero divisi tra più consiglieri. Alcuni osservatori dubitano della possibilità di sostenere tale duplice ruolo senza un supporto strutturato.
Infine, la sua influenza si muove nell’ombra, essendo meno esposto al controllo pubblico rispetto ai membri del governo. La sua abilità nell’operare dietro le quinte è ammirata ma anche criticata da coloro che temono una gestione troppo accentrata della diplomazia del Paese. Tuttavia, la sua reputazione di uomo di pazienza straordinaria e l’esperienza acquisita lo rendono una risorsa strategica imprescindibile nell’attuale scenario internazionale.