L’affermazione del presidente americano Donald Trump secondo cui l’Unione Europea imporrebbe dazi del 39% sui prodotti statunitensi appare infondata dal punto di vista economico. Nessun fondamento reale giustifica l’accusa che gli Stati Uniti siano stati “sfruttati” da pratiche commerciali inique da parte dell’UE. Questo tipo di narrazione, secondo l’opinione dell’economista Antonio Villafranca, non tiene conto delle dinamiche effettive del commercio internazionale e delle politiche tariffarie esistenti.
Gli oneri doganali proposti da Trump si basano su un calcolo discutibile, che divide il deficit commerciale degli Stati Uniti con un Paese specifico per l’ammontare totale delle importazioni da quel Paese. Nel caso dell’Unione Europea, il deficit commerciale nel 2024 ammontava a 235,6 miliardi di dollari, frutto della differenza tra importazioni statunitensi per 605,8 miliardi di dollari ed esportazioni verso l’UE di 370,2 miliardi. Questo deficit viene quindi rapportato alle importazioni, generando un dazio irrealistico del 39%, che il presidente ha Successivamente ridotto al 20%.
In realtà, l’Ufficio del Rappresentante per il Commercio degli Stati Uniti ha documentato che l’aliquota tariffaria media europea nel 2023 era intorno al 5%, una cifra lontana da quella sostenuta dal presidente. Inoltre, se si considerano i diversi settori merceologici, la tariffa media ponderata sarebbe inferiore all’1%, un dato più basso persino delle tariffe medie americane sulle merci europee.
Trump lamenta anche presunti ostacoli non tariffari, come gli standard ambientali e sanitari dell’UE, che spesso sono interpretati come barriere commerciali. Tali standard mirano a proteggere i consumatori europei, oltre a garantire una concorrenza leale e una gestione adeguata dei dati nel mercato digitale.
Nonostante le critiche, le aziende tecnologiche americane continuano a prosperare in Europa, con un significativo surplus nei servizi digitali, segnale che la loro competitività non è stata compromessa.
Infine, i dazi rischiano di avere ripercussioni economiche negative. Secondo le prime stime, ogni famiglia americana potrebbe dover sborsare oltre 2.000 dollari annualmente, e analogamente le economie europee, inclusa l’Italia, potrebbero subire perdite significative nel prossimo futuro.
Il contesto economico globale non permette di valutare facilmente l’intera portata degli effetti dei dazi, poiché le dinamiche commerciali sono interconnesse e influenzate da molteplici fattori, incluso il conflitto commerciale tra Stati Uniti e Cina che potrebbe riversarsi sull’Europa con l’ingresso di prodotti cinesi a costi competitivi.
In conclusione, la strategia tariffaria statunitense si fonda su presupposti sbagliati e rischia di causare danni economici sia a livello domestico che internazionale.