Nelle ultime settimane, le organizzazioni non governative (ONG) in Europa si trovano a fronteggiare una crescente pressione da parte dei legislatori conservatori riguardo all’utilizzo dei fondi europei destinati alle loro attività. Le accuse mosse dal Partito Popolare Europeo (PPE), di centrodestra, puntano il dito contro l’impiego di questi fondi nelle cosiddette “attività di lobbying indebito”. La vicenda si è ulteriormente complicata con la recente ammissione da parte della Commissione Europea circa l’inserimento di tali attività in alcuni contratti di sovvenzione.
Un rapporto critico della Corte dei Conti Europea ha messo in evidenza le carenze del sistema di supervisione finanziaria, mentre il Parlamento Europeo ha mosso passi per aumentare il controllo su come le ONG utilizzano i finanziamenti. Questi sviluppi hanno scatenato una reazione da parte delle ONG, che vedono in queste azioni una campagna motivata politicamente, con paralleli agli atteggiamenti politici ispirati dall’ex Presidente degli Stati Uniti, Donald Trump. Secondo alcuni leader delle ONG, come Nicholas Aiossa di Transparency International UE, il centrodestra europeo sembrerebbe eseguire una strategia simile a quella di Trump mirando a defonderle finanziariamente.
Questo scenario si configura in un clima politico europeo dove le ONG temono che il loro ruolo e la loro voce possano essere significativamente ridotti. L’amministrazione Trump, ad esempio, aveva già messo in discussione il finanziamento mondiale delle ONG, tagliando programmi significativi come quello dell’USAID. Le ONG temono che questo modello possa essere emulato, riducendo la loro capacità di operare efficacemente a Bruxelles, dove oltre 3.800 organizzazioni sono registrate per attività di lobbying.
Le preoccupazioni maggiori sorgono in relazione ai negoziati futuri per il bilancio dell’Unione Europea, che determinerà le priorità di finanziamento per i prossimi anni. Con la possibilità che i fondi destinati a ricerca e ambiente vengano reindirizzati verso nuove priorità come difesa e industria, l’esistenza stessa delle ONG potrebbe essere messa a rischio. Tuttavia, dal PPE si rassicura che non si tratta di ridurre i finanziamenti, ma di garantirne un impiego più trasparente. Tomas Zdechovsky sostiene che l’intenzione è avviare un dialogo costruttivo per migliorare la trasparenza.
Nonostante ciò, le ONG rimangono scettiche. La preoccupazione è che qualsiasi cambiamento normativo, anche se presentato come un miglioramento della trasparenza, possa condurre a una progressiva riduzione dei fondi. Episodi passati, come quello nel settore sanitario, in cui 28 ONG hanno espresso preoccupazione per il possibile azzeramento dei fondi operativi, alimentano questi timori. Anche alcune ONG ambientaliste, nell’ottenere finanziamenti, si sono viste costrette a rimuovere riferimenti alle loro attività di advocacy.
In questo contesto, la questione del finanziamento delle ONG non riguarda solo la loro sopravvivenza finanziaria, ma anche il mantenimento di una voce forte e diversificata a livello istituzionale europeo. Per le ONG, l’intento percepito è di smorzare questa capacità, un’azione che potrebbe lasciare il campo del lobbying dominato esclusivamente da interessi commerciali. Le organizzazioni sottolineano che ogni passo verso la riduzione dei loro fondi intacca lo spazio per una società civile vibrante e operativa, cruciale per tenere responsabili le istituzioni e combattere la corruzione.
Questa battaglia tra ONG e legislatori conservatori è quindi cruciale per il futuro della società civile a Bruxelles, mettendo in gioco non solo questioni finanziarie, ma anche la capacità dell’Unione Europea di continuare a incoraggiare un pluralismo di voci nel suo processo decisionale.