L’odierno conflitto in Ucraina ha nuovamente evidenziato il modus operandi della Russia, intendendo mettere sotto pressione il paese avversario attraverso attacchi che non risparmiano le infrastrutture civili. Da tempo, infatti, le truppe russe si accaniscono non solo su obiettivi militari, ma colpiscono con forza il sistema energetico ucraino, provocando blackout estesi e privando milioni di persone di elettricità e riscaldamento. Questo approccio è stato ripreso da Mosca durante i mesi più rigidi, aggravando ulteriormente la sofferenza della popolazione innocente.

Le azioni russe sembrano sempre più un gesto di chi vede il campo di battaglia come un terreno in cui ottenere sottomissione tramite terrore e disperazione. L’appoggio di forze esterne come nordcoreani e mercenari africani sottolinea il declino del sostegno interno, poiché molti giovani russi esitano a prendere parte direttamente agli scontri, preferendo evitare di impegnarsi in una guerra che non sentono propria.

Nel panorama odierno, le tecniche belliche russe riecheggiano il comportamento di chi, in preda all’ira, preferisce colpire i nervi scoperti di un rivale tirando i capelli, piuttosto che affrontare di petto una disputa. Tuttavia, non si può negare che le ripetute sollecitazioni dell’Ucraina, come l’accorato appello del ministro degli Esteri Andrii Sybiga per la fornitura urgente di sistemi di difesa aerea, mirano a mettere in luce la necessità di un supporto internazionale per garantire una resistenza più efficace contro tali attacchi.

Con ferocia mai celata, il regime russo ha scatenato una nuova ondata di missili su terreni ucraini, con ordigni che, secondo il presidente Zelensky, includono anche equipaggiamenti nordcoreani. Non è un semplice conflitto territoriale: è una scelta deliberata di seminare terrore tra la popolazione civile, di districare il tessuto sociale e di lasciarsi trasportare dalla convinzione che una strategia del genere possa portare ad una vittoria.

Questa è la logica del conflitto moderno, un conflitto in cui le armi diventano mezzi di pura intimidazione, piuttosto che strumenti per delineare confini o affermare sovranità. In risposta, l’alleato americano, mediante un nuovo pacchetto di aiuti da 500 milioni di dollari, ribadisce il suo supporto non solo con armamenti e tecnologia avanzata, ma anche con un senso di solidarietà continua verso una nazione che lotta per la sua sopravvivenza e la sua autonomia.

I governi del mondo sono chiamati a una reazione significativa, poiché la resistenza ucraina è considerata fondamentale non solo per il futuro di Kiev, ma per l’affermazione dei valori fondamentali di pace e autodeterminazione a livello globale. Sanzioni ulteriori e pressioni diplomatiche sono viste come strumenti inevitabili per bloccare l’azione russa e ribadire che il terrore non può essere tollerato come strumento di negoziazione o dominio geopolitico.

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