Daniela Santanchè, attualmente ministro del Turismo, si trova nuovamente coinvolta in questioni giudiziarie legate a un’accusa di bancarotta fraudolenta. Questa controversia riguarda l’inchiesta sulla società Ki Group srl di Milano, un’impresa specializzata in prodotti biologici. La Santanchè, insieme al suo ex compagno Canio Mazzaro, aveva rilevato questa società, dalla quale è uscita nel gennaio 2022. Tuttavia, secondo quanto riportato da LaStampa, l’indagine sarebbe in corso da almeno un anno e mira a chiarire le responsabilità legate alla gestione dell’azienda.

L’accusa di bancarotta fraudolenta è un reato che coinvolge imprenditori o società che, essendo dichiarati falliti da un’autorità giudiziaria, adottano comportamenti scorretti che impediscono ai creditori di recuperare i debiti dal patrimonio dell’impresa o dell’individuo. Le conseguenze legali comprendono la possibilità di una pena detentiva, rendendo le accuse particolarmente gravi.

Ki Group ha dichiarato fallimento a gennaio 2024, e successivamente lo stesso destino è toccato a Biofood, Verdebio e alla società quotata Bioera il 4 dicembre scorso. La situazione di Ki Group appare complessa, essendo interessata da una doppia domanda di liquidazione giudiziale, avanzata sia dai pubblici ministeri che dall’Agenzia delle Entrate. Santanchè ha cercato di prendere le distanze dalla vicenda, affermando di aver avuto un ruolo marginale nel passato e di non avere attualmente alcun coinvolgimento con la società. Ha descritto le informazioni che indicano una connessione diretta con Ki Group come fuorvianti e calunniatorie, mirate a danneggiare la sua immagine pubblica.

Tuttavia, le vicende giudiziarie potrebbero mettere in discussione la sua posizione ministeriale. Oltre al caso Ki Group, Santanchè deve affrontare anche le accuse relative a Visibilia Editore, dove è sospettata di falso in bilancio e truffa ai danni dello Stato per l’uso improprio della cassa integrazione durante l’emergenza Covid. Nonostante abbia sempre negato l’intenzione di dimettersi, un rinvio a giudizio potrebbe spingere la premier Giorgia Meloni a intervenire, anche se in maniera discreta.

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