Nell’ambito della cronaca italiana recente, emerge un caso di notevole interesse che coinvolge il generale Mario Buscemi, ex consigliere militare di Palazzo Chigi. Buscemi è stato vittima di un presunto sfruttamento finanziario orchestrato da un gruppo di otto spogliarelliste, ora sotto inchiesta per circonvenzione d’incapace. Le indagini, guidate dal pm Lorenzo Del Giudice, mirano a capire come queste donne, incontrate nei locali di striptease del centro di Roma, abbiano potuto sottrarre oltre 300 mila euro al generale, approfittando della sua vulnerabilità emotiva, acuita dal pensionamento.
La comunicazione tra Buscemi e le indagate, rinvenuta nei messaggi Whatsapp, rivela un quadro di continue richieste di denaro per vari scopi, dalle borse di lusso all’acquisto di case. Col passare del tempo, la pressione diventa insostenibile per il generale che, già nel 2016, aveva iniziato a frequentare assiduamente questi club, lasciandosi coinvolgere sempre più nelle relazioni con le spogliarelliste.
Nonostante il suo tentativo di resistere, come dimostrano i messaggi in cui chiede comprensione, Buscemi finisce spesso per cedere alle insistenti richieste, attingendo persino ai fondi della moglie in almeno un’occasione documentata. Questa capitolazione economica e psicologica diviene un elemento centrale dell’indagine, suggerendo come la fragilità emotiva del generale, amplificata dal pensionamento e dalla conseguente depressione, lo abbia reso una facile preda per le donne indagate.
Una delle spogliarelliste, per esempio, utilizzò parte dei fondi di Buscemi per comprarsi una casa, mentre altre puntavano a regali di minor valore, ma non meno significativi, come serate a base di lusso e sedute parrucchiere. La dinamica mostrata nei dialoghi sottolinea la modalità di manipolazione: da una parte l’adulazione e la falsa intimità, dall’altra le richieste finanziarie che non si placavano mai.
I familiari del generale, una volta scoperta la quasi totale dissipazione del patrimonio, hanno deciso di procedere legalmente con l’assistenza delle avvocatesse Elena Bussotto e Paola Picciotto. Questo episodio mette in luce una realtà in cui la solitudine e la fragilità possono essere sfruttate in modo calcolato, portando le vittime a percorrere un cammino autodistruttivo da cui è difficile emergere.