L’intervento della polizia annonaria di Bari, che ha portato alla sospensione immediata dell’attività di ristorante e a una sanzione di 5 mila euro per Nunzia Caputo, nota come la “regina delle orecchiette”, è stato determinato da un servizio televisivo trasmesso dal programma “Mi manda Rai Tre”. Il servizio, andato in onda un mese fa, ha messo in luce le precarie condizioni igieniche del locale-abitazione dove la Caputo serviva i suoi “ospiti”, attività risultata priva delle necessarie autorizzazioni.
L’analisi delle riprese televisive ha portato la polizia annonaria, sotto la direzione di Michele Cassano, a rilevare l’illegale somministrazione di cibo e bevande al pubblico all’interno della residenza della Caputo, senza la presentazione della Segnalazione Certificata d’Inizio Attività (Scia) al Comune di Bari. La normativa impone, infatti, che chiunque voglia intraprendere un’attività di produzione e distribuzione di alimenti in ambito domestico, debba notificare l’inizio attività alle autorità sanitarie competenti tramite il Suap (Sportello Unico per le Attività Produttive).
Questo episodio si inserisce in un contesto di controlli rafforzati dalla campagna di lotta contro la cosiddetta “truffa delle orecchiette”, che ha visto anche l’intervento del Comune per regolamentare l’attività delle tradizionali pastaie. Nunzia Caputo, già al centro di attenzioni mediatiche nel 2019 con la vicenda delle orecchiette vendute senza indicazione di origine, è diventata una figura nota, tanto da partecipare al Travel Show del New York Times nel 2020 per dimostrare la lavorazione delle tipiche orecchiette pugliesi.
Sul caso è intervenuto anche Gaetano Campolo, amministratore delegato di Home Restaurant Hotel, che ha sottolineato come la disinformazione abbia arrecato danni al settore degli Home Restaurant, difendendone l’operato nel rispetto delle normative della sharing economy, che si differenzia da quello dei ristoranti tradizionali. Campolo ha ribadito la necessità di regolamentazioni chiare per distinguere chi rispetta le normative da chi agisce illecitamente, al fine di favorire lo sviluppo di nuovi modelli imprenditoriali.
Questo caso rappresenta un punto di snodo nel dibattito sulla regolamentazione delle attività di ristorazione domestica e sulla necessità di tutelare sia la salute pubblica che l’innovazione imprenditoriale nel rispetto delle leggi.