Il fatidico giorno di novembre a Dallas, anno 1963, i colpi di arma da fuoco che posero fine alla vita del 35º presidente degli Stati Uniti, John Fitzgerald Kennedy, sconvolsero non solo la nazione americana, ma l’intero globo. Al termine di dieci mesi di indagini, la commissione governativa incaricata di fare chiarezza su questo tragico evento concluse che Lee Harvey Oswald, colui che sparò al presidente, era un uomo psicologicamente instabile motivato dal desiderio di entrare nella storia. La commissione stabilì dunque che non vi era nessun complotto internazionale dietro l’assassinio.
Oswald non ebbe mai la possibilità di difendersi in tribunale poiché, a soli due giorni dall’attentato, fu ucciso nel seminterrato della stazione di polizia da Jack Ruby, un proprietario di nightclub con sospetti legami con la criminalità organizzata. Ruby giustificò il suo gesto affermando di aver agito per patriottismo. Nonostante questa spiegazione, molti dettagli restano oscuri e alimentano il mistero.
Un’interessante anomalia riguarda la Svizzera. Nel 1960, tre anni prima dei fatti di Dallas, l’FBI si era interessato all’ipotetica presenza di Oswald nel paese elvetico. Dopo che la madre dell’assassino aveva comunicato l’intenzione del figlio di studiare presso l’Istituto privato Albert Schweitzer di Churwalden, l’FBI chiese conferma alla polizia svizzera. Dalle indagini, risultò che Oswald non si era mai presentato all’istituto né vi era stata traccia di lui registrato con altro nome.
Nel 1979, la Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti avanzò l’ipotesi che Kennedy potesse essere stato vittima di una cospirazione. Un agente dei servizi segreti, Paul Landis, che seguiva a pochi metri la limousine presidenziale, non era stato mai interrogato dalla commissione governativa. Landis riferì di aver trovato un proiettile nel retro del veicolo, confutando la teoria della “pallottola magica” che avrebbe colpito sia Kennedy che il Governatore del Texas, John Connally, e ponendo nuovi dubbi sulla teoria di un unico attentatore.
Nel 2017, il presidente Donald Trump, sotto la pressione della CIA e dell’FBI, rinviò la pubblicazione di molti documenti relativi all’assassinio. In un tentativo di trasparenza, l’amministrazione Biden nel 2022 ha ordinato la pubblicazione di oltre 13.000 documenti precedentemente classificati, ora disponibili presso i National Archives. Sebbene alcuni nomi siano stati censurati e molti documenti restino segreti, questa iniziativa mira a contrastare le teorie complottiste.
Nonostante siano trascorsi più di 60 anni, la morte di Kennedy continua a generare interrogativi e alimentare ipotesi di complotto che rimangono vive nell’immaginario collettivo.