Nel panorama giudiziario italiano si è verificata una svolta senza precedenti: una condanna all’ergastolo per un caso di femminicidio risolto dopo quasi trent’anni. Salvatore Aldobrandi, un 75enne originario di San Sosti, è stato riconosciuto colpevole dell’omicidio della sua ex fidanzata Sargonia Dankha, una giovane di 21 anni scomparsa nel 1995 in Svezia. Questa sentenza è il frutto di un’indagine difensiva durata quattro anni, iniziata nel 2021, caratterizzata dai toni e dalle situazioni di un thriller cinematografico.
L’input iniziale per questa complessa operazione investigativa è giunto da una richiesta di riapertura del caso inoltrata dalla Svezia, che ha coinvolto uno studio legale milanese specializzato in crimini “white collar”. La vittima, Sargonia Dankha, fu brutalmente uccisa e il suo corpo smembrato, senza che mai fosse ritrovato. L’indagine si è concentrata su Aldobrandi, un pizzaiolo di Sanremo, che era stato inizialmente detenuto in Svezia ma liberato in assenza di prove concrete, dato che il cadavere della giovane non era stato recuperato.
Lo studio legale Morri Rossetti ha affidato l’indagine a Tommaso Luciano Ponzi, un detective la cui esperienza e abilità hanno permesso di ritrovare Aldobrandi in Italia. Ponzi, basandosi su dati anagrafici e banche dati nazionali, scoprì che Aldobrandi non aveva cambiato identità e viveva liberamente a Sanremo, dove lavorava come pizzaiolo. Dopo vari pedinamenti e sopralluoghi, la conferma che si trattasse dell’uomo ricercato fu ottenuta esaminando il suo passato e le relazioni con le persone a lui vicine.
Parallelamente, l’avvocato Francesco Rubino e le legali dello studio legale milanese hanno condotto indagini incrociate tra Svezia e Italia, rielaborando testimonianze e prove. I 34 testimoni del caso hanno fornito racconti consistenti e coerenti: molti avevano notato ferite e lividi su Sargonia prima della sua scomparsa, mentre altri conoscevano le minacce di morte che Aldobrandi le aveva fatto. Ex compagne dell’uomo hanno raccontato episodi di violenza e comportamenti inquietanti.
Tra le testimonianze più significative, emerge quella di una ex fidanzata che ha confessato di aver prestato l’auto usata per trasportare il corpo di Sargonia. La giovane vittima, che frequentava il locale “Maxime” in cui Aldobrandi lavorava, aveva aspirato a diventare un’agente di polizia ed era stanca della relazione tormentata.
L’intreccio degli eventi e la tenacia investigativa hanno infine condotto all’arresto di Aldobrandi nel 2023, con una serie di passaggi legali che hanno portato alla sua incriminazione presso il tribunale di Imperia. Questo complesso mosaico di prove e testimonianze ha dimostrato l’efficacia di un sistema collaborativo sia a livello nazionale che internazionale, culminando nella storica condanna. La famiglia di Sargonia Dankha ha finalmente ottenuto giustizia, grazie anche alla misteriosa opera di un benefattore che ha sostenuto economicamente le ricerche.