In Veneto è stato registrato il quinto caso di suicidio assistito in Italia. L’associazione Luca Coscioni ha annunciato la notizia attraverso un comunicato, rivelando che una donna di 72 anni, conosciuta come «Vittoria» per motivi di privacy, ha scelto di porre fine alla sua vita dopo una lunga battaglia con la sclerosi multipla secondariamente progressiva che durava da due decenni. Il farmaco letale è stato fornito dal Servizio Sanitario Nazionale, completando così un percorso iniziato otto mesi prima.
«Vittoria», stremata dalla malattia, aveva manifestato chiaramente il desiderio di liberarsi da un corpo che la teneva prigioniera. Nel suo messaggio d’addio, ha espresso quanto la sua esistenza fosse diventata insostenibile, descrivendo una vita che non le apparteneva più e un desiderio di pace e libertà. Ha poeticamente raccontato come nei suoi sogni camminasse ancora, una passione che aveva sempre custodito.
Il processo che ha portato alla decisione di «Vittoria» è stato complesso. Si tratta del secondo caso di suicidio assistito in Veneto supportato dall’associazione Luca Coscioni con l’aiuto del dottor Mario Riccio, un anestesista noto per il suo coinvolgimento in vicende simili, come quella di Piergiorgio Welby. Nonostante la mancanza di medici volontari messi a disposizione dall’azienda sanitaria per assisterla, è stato Riccio a sostenere «Vittoria» nel delicato momento della somministrazione del farmaco.
L’ottenimento dell’autorizzazione necessaria non è stato immediato: la richiesta era stata inoltrata il 21 marzo 2024 e si è dovuto attendere fino a novembre dello stesso anno per una conclusione favorevole, a seguito di ripetuti solleciti da parte degli avvocati della donna. L’udienza prevista in tribunale per il mese successivo non è stata più necessaria grazie all’avvenuta concessione del permesso.
Filomena Gallo e Marco Cappato, rappresentanti dell’associazione, hanno espresso vicinanza alla famiglia della donna e sottolineato l’importanza di una legislazione chiara e puntuale per garantire tempi celeri per chi decide di intraprendere questo doloroso percorso. Secondo loro, il tempo è un fattore cruciale per chi vive in condizioni di sofferenza estrema, e la politica deve farsi carico di una responsabilità nei confronti di queste persone.
Il tema del fine vita è complesso e suscita molte discussioni, ma per le persone come «Vittoria», è cruciale avere la possibilità di scegliere, supportati e compresi in un momento tanto difficile.