L’indagine promossa dalla Diocesi di Bolzano e Bressanone sugli abusi sessuali commessi in ambito ecclesiastico ha portato alla luce 69 casi inquietanti. Una delle storie più drammatiche è quella raccontata da una donna, identificata col nome fittizio di Adele, che ha condiviso il suo passato di sofferenza ai microfoni del Tg1. Adele ha subito abusi da parte di un sacerdote dall’età di 9 anni fino ai 15. Per decenni, il trauma subito ha impedito ad Adele di trovare la forza e le parole per esprimere quanto le era accaduto, inizialmente celato dietro uno stato di confusione e successivamente rimosso dalla memoria.

Le conseguenze di questi abusi hanno avuto un impatto devastante sulla sua vita, manifestandosi attraverso problemi di salute e disturbi alimentari. Il suo corpo ha dato voce a quel dolore silenzioso che non riusciva a comunicare verbalmente. Solo dopo un evento particolarmente significativo, sono riemersi frammenti del trauma, proprio quando meno se lo aspettava. Fortunatamente, Adele si è rivolta a una persona fidata, trovando il coraggio di affrontare il suo passato con l’ausilio di un terapeuta.

Nonostante siano trascorsi molti anni, la vista dell’uomo che l’ha abusata, incontrato casualmente durante passeggiate in città o mentre era con il suo bambino, provocava in Adele reazioni di paralisi e angoscia, riportando alla superficie le esperienze dolorose dell’infanzia.

La scelta di denunciare quanto subito è arrivata dopo un lungo periodo, complice l’impossibilità di procedere legalmente a causa della prescrizione dei reati. Adele ha deciso di rivolgersi alla Diocesi, consapevole che l’abuso si alimenta di silenzio, cercando di affermare la propria identità al di là del trauma vissuto. Questo gesto ha segnato l’inizio di un percorso di rinascita interiore.

Riguardo alle aspettative nei confronti della Chiesa, Adele ritiene essenziale che questa prenda misure concrete per sostenere le vittime e aiutare gli stessi sacerdoti responsabili a riabilitarsi. Si oppone alla pratica di trasferire i sacerdoti da una parrocchia all’altra, osservando che il suo legame con la Chiesa è legato a una fede in Dio, distinto dalle mancanze umane. Adele auspica che la Chiesa riveda il suo approccio all’ascolto delle vittime e intraprenda azioni concrete di riparazione.

Purtroppo, non ha mai ricevuto scuse dal sacerdote reo degli abusi, mentre altri membri del clero hanno chiesto perdono, gesti che Adele ha visto come un conforto per la sua ferita. Tuttavia, sottolinea la necessità di azioni più tangibili da parte della Chiesa, lodando il coraggio dimostrato nella stesura del dossier come un primo passo verso il riconoscimento degli errori del passato.

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