Le motivazioni della sentenza emessa dalla Corte d’assise di Modena in relazione al duplice femminicidio avvenuto a Castelfranco Emilia, dove Salvatore Montefusco ha tolto la vita a Gabriella Trandafir e sua figlia Renata davanti al figlio minore della coppia, sono al centro di un acceso dibattito. Il dispositivo di 213 pagine spiega le ragioni dietro la condanna a 30 anni di carcere per l’imputato, un provvedimento che ha sollevato perplessità in molti ambienti.

Secondo la Corte, Montefusco, incensurato e arrivato a 70 anni senza precedenti contro la legge, ha ricevuto attenuanti generiche per la sua confessione, il comportamento durante il processo e per le circostanze familiari che avrebbero portato al terribile crimine. Nonostante la Procura di Modena avesse richiesto l’ergastolo, il tribunale ha escluso aggravanti come la premeditazione, i motivi futili e crudeltà, favorendo invece attenuanti che includono il rapporto coniugale e la gravità di aver agito davanti al figlio.

Il contesto del delitto è descritto come un ambiente di acuto conflitto familiare, segnato da denunce reciproche e da un profondo disagio psicologico dell’imputato. Secondo la Corte, il movente del crimine non è legato a mere questioni economiche, ma piuttosto al disagio e alla frustrazione derivanti dall’idea di dover lasciare la casa coniugale e perdere il controllo e la cura del figlio.

La sentenza ha suscitato reazioni fortemente critiche. L’avvocato dei familiari delle vittime, Barbara Iannuccelli, ha espresso incredulità di fronte a un verdetto che sembra rimandare al caso della riduzione della pena per un altro femminicidio nel 2016. Anche la senatrice Valeria Valente ha commentato duramente il provvedimento, definendolo un esempio di “manuale del patriarcato”, sottolineando la mancata riconoscenza della specificità della violenza di genere.

La ministra per la Famiglia, Eugenia Roccella, ha avvertito che, qualora le motivazioni della sentenza fossero confermate, potrebbero rappresentare un pericoloso arretramento nella lotta contro i femminicidi, mettendo a repentaglio i fondamenti dell’ordinamento giuridico in materia di violenza di genere.

L’eco di questa decisione va ben oltre le aule di tribunale, toccando corde sensibili in un contesto sociale che continua a cercare giustizia e protezione dalle violenze domestiche.

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