Nella primavera del 57 d.C., a Efeso, arriva un ebreo proveniente dalla diaspora, originario di Tarso in Cilicia. Il suo nome è Saul, ma è anche noto come Paolo, portando il nome romano grazie alla sua cittadinanza. Paolo di Tarso, uomo colto e immerso nella cultura ellenistica, scrive in greco con rara eloquenza. Circa vent’anni prima, sulla strada per Damasco, aveva vissuto un momento cruciale in cui fu “afferrato” da Cristo, come lui stesso narrerà, un episodio riportato negli Atti degli Apostoli: “Saulo, Saulo, perché mi perseguiti?”.

Ora, nella città affacciata sull’Egeo, Paolo redige una lunga epistola indirizzata alla comunità cristiana divisiva di Corinto. Questo scritto, che diverrà poi noto nel Nuovo Testamento come la Prima Lettera ai Corinzi, racchiude la più antica professione di fede cristiana: “Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture e fu sepolto. È risorto il terzo giorno, sempre secondo le scritture, e apparve a Cefa e quindi ai Dodici”.

Il cuore del cristianesimo, il suo kérygma, è proprio la risurrezione di Gesù, evento celebrato a Pasqua. Fin dagli inizi, i cristiani hanno creduto fermamente nella risurrezione di Cristo, non frutto di mitizzazioni successive, come dimostrato dall’importanza storica di tale testimonianza. Joseph Ratzinger-Benedetto XVI sottolinea che questo annuncio non era di Paolo, ma parte della catechesi ricevuta come convertito, risalente agli anni trenta, poco dopo la crocifissione.

La narrazione della risurrezione si trova nei quattro Vangeli. Il racconto più antico è quello di Marco, scritto tra il 65 e il 70. Studiose teorie indicano una raccolta originaria di detti di Gesù e un testo primitivo di Marco. I Vangeli di Marco, Matteo e Luca, detti sinottici, si possono confrontare insieme per la loro somiglianza. Giovanni, scritto più tardi, dimostra fonti indipendenti forse più antiche. In tutti, sono le donne a scoprire il sepolcro vuoto, cosa straordinaria data la loro inabilità a testimoniare giuridicamente nel diritto semitico.

Gesù morì crocifisso un venerdì, il 7 aprile del 30 d.C. Per i sinottici, l’ultima cena coincideva con Pesach, la Pasqua ebraica. Tuttavia, il Vangelo di Giovanni posticipa la festa di un giorno, cronologia più attendibile per molti studiosi. Il biblista John P. Meier descrive il processo sotto Ponzio Pilato e l’interrogatorio da Caifa, impossibile in giorno di festa. Giovanni racconta che le autorità giudaiche evitavano il pretorio romano per non contaminarsi prima di Pesach, dimostrando che questa non era ancora iniziata.

L’indomani del sabato, al sepolcro di Gesù si recano le donne: Maria di Magdala e altre secondo i vari Vangeli. Al sepolcro vuoto, l’angelo annuncia la risurrezione, un evento che non trova descrizione nei Vangeli. La questione centrale diviene quindi il significato della risurrezione. Non una mera rianimazione, ma un accesso a una vita nuova e imperitura, un cambiamento radicale dell’essere umano.

La Pasqua rappresenta l’evento cruciale del cristianesimo. Come affermava San Paolo: senza la risurrezione di Cristo, la fede sarebbe vuota. Benedetto XVI sottolinea l’importanza cruciale di questa verità: la risurrezione è il fondamento della fede cristiana, senza la quale essa sarebbe priva di valore.

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