Il caso giudiziario che ha fatto discutere negli ultimi mesi si è concluso presso il Tribunale di Torino con una sentenza sorprendente: Sara Cherici è stata condannata a 16 anni di reclusione per concorso in tentato omicidio. Un verdetto che non lascia spazio a pietà, poiché il tribunale ha applicato la pena massima prevista dal codice, tenendo conto di attenuanti e aggravanti contestate dalla Procura, tra cui i motivi futili e abietti e la minorata difesa.

L’accusa, rappresentata dal pm Livia Locci, aveva chiesto 12 anni, considerando Sara non solo colpevole di omesso intervento, ma anche di non aver denunciato l’accaduto nei giorni successivi, ben consapevole delle condizioni critiche in cui versava la vittima, Mauro Glorioso, uno studente di medicina gravemente ferito.

Durante la lettura della sentenza, Sara Cherici ha avuto una crisi di panico, manifestando un profondo crollo emotivo. Supportata dai suoi legali, Enzo Pellegrini e Federico Milano, si è allontanata dall’aula in lacrime, affermando: «Non è giusto, devo pagare, ma non così». La reazione della sorella ha ulteriormente sottolineato l’impatto devastante della decisione: «Stasera mia madre muore quando glielo dico».

Il processo aveva inizio al mattino con la requisitoria del pm, che ha ricostruito meticolosamente i fatti attraverso le immagini delle telecamere di sorveglianza e le testimonianze, inserendo Sara Cherici tra i ragazzi presenti al momento del lancio della bicicletta dalla balaustra dei Murazzi del Po. Le sue dichiarazioni in aula, in cui ha cercato di giustificare il suo silenzio come paura, non hanno convinto il tribunale.

Locci, nel suo intervento, ha sostenuto che Sara non fosse una semplice spettatrice passiva, bensì parte integrante di un gruppo, la cui presenza ha rafforzato l’intento criminoso dei maschi. Questo gesto, definito «gioco del male», è visto dalla Procura come un atto ancora più grave di un omicidio consumato, per le conseguenze devastanti sulla vita della vittima.

Gli avvocati difensori hanno criticato la sentenza, considerandola sproporzionata rispetto al ruolo dell’imputata e auspicano un futuro appello per cercare una revisione del caso. Intanto, la famiglia della vittima, attraverso i propri legali, ha espresso dolore e insoddisfazione, poiché nessuna condanna potrà restituire a Mauro una vita normale.

La vicenda resta un episodio tragico nella storia giudiziaria di Torino, simbolo di come un gesto irresponsabile possa trasformarsi in una tragedia per tutti i coinvolti.

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