La tragica vicenda di Camilla Sanvoisin, venticinquenne romana, sconvolge la comunità, sollevando dubbi e domande non ancora risolte. Il suo compagno, Giacomo Celluprica, di dieci anni più grande, è al centro delle indagini in corso per “morte conseguente ad altro reato”. L’accusa a suo carico si basa sul sospetto che abbia fornito la sostanza stupefacente che avrebbe determinato il decesso della giovane.
Giacomo, difendendosi pubblicamente, sottolinea il suo amore per Camilla e nega categoricamente di essere stato arrestato. Al contrario, promette di voler chiarire quanto prima ogni aspetto della situazione, affermando che le fiale di metadone rinvenute nell’abitazione fossero in suo possesso legalmente. Annuncia di essere devastato per quanto accaduto, ma fiducioso di poter provare la sua innocenza.
La loro esistenza a due si svolgeva in un contesto appartato alla Giustiniana, area periferica della Capitale, immersa nel verde. I vicini raccontano di non aver mai visto i genitori di Camilla far visita alla coppia durante i mesi di convivenza. Nemmeno Axel Egon Sanvoisin, noto produttore televisivo e padre della ragazza, si sarebbe spinto lungo le strade impervie del comprensorio. Al contrario, i genitori di Giacomo risultavano assenti, rendendo quest’immagine di isolamento ancor più evidente.
Da una parte, Camilla, figlia di artisti e intellettuali, diplomata al prestigioso liceo di Trinità dei Monti, s’impegnava a seguire le orme materne nella creatività e nell’arte. Dall’altra, Giacomo, figlio di gioiellieri, cercava invece una via d’uscita dal vortice della dipendenza, gestendo un allevamento per cani frequentato da personaggi dello spettacolo.
Nessuno tra i conoscenti sembra capace di spiegare come l’amore complicato che legava i due giovani sia sfociato in una tale tragedia. Anche la vicina Annarita Borioni, visibilmente scossa, testimonia che Giacomo era determinato a disintossicarsi, mentre Camilla si applicava nello studio con costanza.
La morte di Camilla ha fatto scattare un sequestro dell’abitazione da parte delle autorità, desiderose di sondare ogni angolo della notte fatidica. Dubbi s’insinuano su eventuali presenze estranee che avrebbero potuto introdurre droghe. L’assenza di sicurezza nel complesso residenziale è una triste realtà: il libero accesso tramite telecomando al cancello consente ingressi indiscriminati.
Il dolore per il mancato soccorso a Camilla riecheggia nelle parole di chi l’ha conosciuta, lasciando l’amaro sospetto che si sarebbe potuta salvare. Eva Audizi, madre della giovane donna, dalle vecchie interviste apparse sui motori di ricerca, un tempo parlava della sua arte con gioia e leggerezza. Oggi, il silenzio è il suo unico linguaggio, un urlo muto che racconta la perdita insopportabile di una figlia.