Da quasi due mesi si discute animatamente di un accordo tra Stati Uniti e Ucraina riguardante le risorse minerarie del paese europeo, ma i dettagli rimangono in gran parte sconosciuti. Nonostante l’incontro alla Casa Bianca tra i presidenti Zelensky e Trump il 28 febbraio, il memorandum d’intesa già distribuito non è stato mai firmato. Da allora, i negoziatori delle due nazioni sono impegnati a redigere un nuovo documento. Tuttavia, una proposta di legge recentemente presentata al Parlamento di Kiev potrebbe fornire qualche indizio sui reali contenuti dell’accordo.
L’Ucraina, nell’attuale quadro normativo, si trova a dover accettare clausole severe, tipiche di un trattato imposto da una potenza vincitrice a una sconfitta. Tali misure sono volte principalmente a garantire la copertura dei costi e dei rischi per le imprese statunitensi, anche in caso di conflitto armato, attribuendo a queste ultime i benefici derivanti dallo sfruttamento minerario del territorio.
Formalmente, la proposta è una “risoluzione” che preannuncia una “legge-quadro” destinata a creare condizioni vantaggiose per le imprese dei paesi partner dell’Ucraina, sottolineando il ruolo predominante degli Stati Uniti nel fornire supporto militare, economico e umanitario. La proposta, sostenuta da nove parlamentari guidati da David Arakhamia del partito di Zelensky, sembra avere l’appoggio del potere esecutivo ed è molto probabile che venga approvata, suscitando tuttavia polemiche interne per il possibile atteggiamento filostatunitense.
Il testo prevede “meccanismi di compensazione” in caso di rischi politici o militari, con specifiche tutele per le attività economiche di aziende straniere, soprattutto statunitensi. In scenari di instabilità politica o marziale, come il ritorno degli scontri militari, l’Ucraina sarebbe obbligata a risarcire le imprese americane per eventuali perdite o interruzioni nelle attività minerarie.
Non è solo questo. La proposta legislativa include un regime fiscale agevolato destinato principalmente alle imprese degli Stati Uniti, offrendo loro vantaggi fiscali rispetto alle aziende locali o di altri paesi. I dipendenti di tali imprese beneficerebbero di condizioni fiscali favorevoli, simili a quelle del cosiddetto paradiso fiscale. Anche l’aspetto doganale, caro al presidente Trump, subisce un’inversione: vengono rimossi selettivamente i dazi per creare condizioni propizie agli investimenti, esentando dai dazi d’importazione i macchinari necessari per le attività estrattive.
Le licenze minerarie, già rilasciate a cittadini ucraini che non le hanno sfruttate, verrebbero automaticamente trasferite alle aziende americane. Questa concessione potrebbe essere un prezzo che Zelensky è disposto a pagare per scongiurare il rischio di perdere il fondamentale appoggio statunitense.