In un’Argentina afflitta da una sconcertante inflazione e da una crisi economica profonda, l’ascesa di Javier Milei alla presidenza, avvenuta il 10 dicembre scorso, ha segnato una svolta che ha destato attenzione a livello internazionale. Autodefinitosi anarco-capitalista, Milei ha portato avanti una politica di austerità che, se da una parte ha ottenuto riconoscimenti da parte di media come l’Economist per i risultati macroeconomici, dall’altra ha sollevato profonde preoccupazioni sociali e umanitarie.
Secondo il prestigioso quotidiano britannico, infatti, il governo sotto Milei è riuscito a ridurre notevolmente l’inflazione, portandola dal 13% al 3%, e ha dimezzato il rischio di default, con il conseguente azzeramento del deficit. Tuttavia, il cammino intrapreso non è stato privo di sacrifici, che non sono stati equamente distribuiti tra la popolazione. I tagli ai settori cruciali come quello della sanità e delle infrastrutture costituiscono un esempio lampante di come si possa raggiungere un obiettivo di deficit zero a costo di vite umane.
Le misure adottate da Milei hanno colpito duramente la sanità pubblica, eliminando, tra le altre cose, la gratuità dei farmaci per pazienti oncologici e cronici. Le testimonianze di cittadini come Gabriela Romero, il cui dramma familiare mette in luce la disperazione di molti argentini, evidenziano l’impatto devastante di tali politiche. “Mia sorella, malata di cancro, non riceve più le medicine dallo Stato,” racconta Gabriela, facendo eco a una preoccupazione diffusa.
Tagli che non risparmiano nemmeno il budget per i malati di Hiv, che è stato ridotto del 67%. Le conseguenze si manifestano nel deterioramento delle infrastrutture sanitarie: ospedali senza forniture essenziali e personale medico sottopagato, spingendo molti a emigrare. La morsa del governo si allarga anche ai pensionati e ai programmi sociali, alimentando una sensazione di degrado sociale e culturale.
Il futuro di molti argentini appare sempre più incerto. Una situazione che trova eco anche nel settore educativo: gli istituti pubblici, pilastri del sistema educativo argentino, subiscono le ripercussioni di queste politiche di tagli. Con una manutenzione scolastica sempre più carente e la riduzione dei fondi destinati alle borse di studio, si intacca il diritto fondamentale all’istruzione.
In un contesto economico fragile, estas politiche austeritarie hanno spinto più della metà della popolazione sotto la soglia di povertà. Specialmente nelle scuole e nelle università pubbliche, l’impatto delle riduzioni di bilancio è particolarmente visibile: mense scolastiche che offrono pasti di qualità inferiore e salari degli insegnanti fortemente penalizzati.
Nonostante il quadro fosco, in Argentina cresce anche la resistenza. Si assiste a una rinascita delle “asambleas barriales”, gruppi comunitari di base nati durante la crisi del 2001, che tornano a fiorire come risposta collettiva alle decisioni del governo. Questi gruppi organizzano cacerolazos e mense comunitarie, opponendosi anche alle leggi introdotte per limitare le manifestazioni.
Conclusivamente, la politica del “taglio ai privilegi”, simbolizzata dalla celebre “motosega” corre il rischio di uniformare su un basso livello il diritto al benessere. Le lezioni della storia recente, sia nell’area economica che sociale, dimostrano che i successi macroeconomici non possono considerarsi sostenibili se ottenuti al prezzo della sofferenza generata dalle enormi ineguaglianze sociali.